19 ottobre 2015

Questioni spinose: se l’artista è accusato di pedofilia, può un giudice disporre della distruzione di una sua collezione privata e delle sue opere?

 

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Brutta storia, ma densa di spunti di pensiero, quella di Graham Ovenden. Artista inglese, oggi 70enne e in carcere da più di due anni con l’accusa di aver molestato bambini negli anni ’70 e ’80, continua a ribadire di essere innocente.
Se fosse “tutto qui” non ci sarebbe nulla da rimarcare, ma la questione più scottante non riguarda tanto la condanna e l’accusa, quando il fatto che il giudice distrettuale della Corte di Hammersmith (Londra) Elizabeth Roscoe, ha dichiarato che i dipinti e le fotografie ritraenti bambini nudi, o parzialmente svestiti, non sono adatti per gli occhi né pubblici né privati.
E ha chiesto che la collezione privata di Oveden, che contiene autori del 19esimo secolo come Pierre Louys e a Wilhelm von Pluschow, così come le opere dell’autore, venga distrutta. Una “soluzione finale” per un caso intricato. E le possibili ire del mondo dell’arte? La Roscoe se l’è cavata con una scrollata di spalle. 
Ed è un bel problemino anche per le collezioni britanniche che possiedono Ovenden, il Victoria & Albert Museum o la Tate Britain, che ha rimosso tutte le opere dell’artista dal suo sito, inserendo però la produzione astratta realizzata prima del periodo dei veri o presunti abusi. 
Cara giudice Roscoe, che si è definita “non un critico d’arte” ma un funzionario che valuta le immagini in base agli “standard” che vigono oggi, da quando si spegne un fuoco con dell’altro fuoco? 

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