03 dicembre 2015

Qui Miami/3. Untitled Art. Una giovane fiera che sfodera alcuni ottimi stand, e la lounge firmata Toilet Paper, tra un’offerta piuttosto uniforme

 

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Dopo il primo giro ad Art Basel ci spostiamo proprio sulla spiaggia, dove all’altezza della 12esima strada quest’anno arriva la quarta edizione di Untitled Art.
119 gallerie internazionali, in buona parte dagli Stati Uniti ma anche da Londra e Parigi, sono racchiuse in una Tensostruttura in stile Frieze NYC. Anche qui la storia è un po’ la stessa di Art Basel. Tanta, tanta pittura, con qualche bella incursione nella fotografia, come accade alla Nosco Gallery, che porta in scena il solo show della giovane brasiliana Yara Pina (1979). Le sue fotografie (foto sopra) ricordando un poco i gesti “propiziatori” della prima Body Art, dove il corpo si fonde con i materiali pittorici, in questo caso della fuliggine ricavato da legno bruciato, che in un processo cronologico e cromatico – dal bianco al nero – che trasforma l’immagine, o ne contribuisce a formare una, in un atto performativo violento.
Da Gustavo Arróniz di Città del Messico invece c’è il bravo Ismael Randall-Weeks che ricrea in piccola scala un paesaggio montano destrutturando una serie di libri. D’impatto.
Meno di impatto, ma sicuramente indice di una bella sperimentazione sono le opere e gli artisti esposti dalla newyorchese (di Williamsburg) Pierogi and The Boiler, che mette in scena per esempio i paesaggi in stile diorama di Patrick Jacobs, incastonati nel muro, i piccolissimi e dettagliatissimi autoritratti di Jim Torok, in olio su tavola, e anche una cash machine di Andrew Ohanesian, che porta in fiera non solo un oggetto d’uso comune negli Stati Uniti, ma anche tutta la spontanea “street art” che accompagna spesso i distributori di denaro.
Al primo posto però mettiamo la madrilena NF, che ha probabilmente il miglior stand della fiera, con un bel lavoro pittorico e di denuncia di Rirkrit Tiravanija e Tomas Vu Green go home. Tre intere pareti, con una serie di interventi di lettering su quotidiani, per riflettere in questo caso sulla provocazione insita nella stessa frase “Green Go Home”, modo di dire che da sempre è riferito al “mandare a casa” lo straniero, e in questo caso si associa ai (nemmeno troppo sottili) interventi  degli Stati Uniti, e all’atteggiamento colonialista, per “spedire fuori” dai confini i vicini dell’America Latina, dal Messico verso sud: un antagonismo storico che anche attualmente costa vite e molti conflitti. Direte che forse non c’è nulla che non sia già stato visto, ma la qualità anche da queste parti non è male, così come la cura degli stand che comprendono anche il The Bronx Museum of Art di New York, che vende le Affirmation Pot di Brie Ruais come oggetti per supportare l’istituzione o lo stand di Imperfect Articles che vende un po’ di arte in magliette, ovvero le stampe di diversi artisti in fiera, riprodotti su t-shirt. E che male c’è? Un giro vale la pena. Se non altro per vedere i tappeti firmati Cattelan e Pierpaolo Ferrari, ovvero Toilet Paper, con i pezzi iconici prodotti da Gufram, tra cui una nuova versione di THE END in “vero-finto” marmo di Carrara, realizzata appositamente per le celebrazioni dei 50 anni del brand e che arredano la lounge (foto in home page) in collaborazione con Seletti. Volete portarvi a casa un rug? Sono 850 dollari a pezzo. Tutte le foto le trovate sulla nostra pagina facebook. 

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