01 febbraio 2016

La protesta e l’arte, al vaglio degli psichiatri. Un nuovo caso dalla Russia, e Pyotr Pavlensky è di nuovo protagonista

 

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Nel novembre dello scorso anno aveva appiccato il fuoco davanti alle porte del vecchio KGB, dichiarando che il servizio di sicurezza russo mantiene il potere del terrore su 146 milioni di persone. Ma in segno di protesta si era anche inchiodato lo scroto sulla piazza Rossa, tagliato un lobo di un orecchio, completamente nudo, sul tetto del centro psichiatrico moscovita Serbsky e, nel 2012, in solidarietà alle Pussy Riot si era cucito le labbra.
Pyotr Pavlensky, l’artista “estremista” sta vivendo in queste ore una nuova “avventura”, se così possiamo definirla: è stato trasferito dal carcere (dove era stato rinchiuso dopo il rogo) in un ospedale psichiatrico, per una perizia che potrebbe richiedere fino a tre settimane. Lo ha annunciato la sua compagna, Oksana Shalygina, dichiarando che si tratta dell’ultimo passo per tentare di mettere a tacere i dissidenti. 
Già, perché Pavlensky ha dimostrato di saper essere molto convincente. Pavel Yasman, investigatore che lo aveva interrogato per alcuni mesi, dopo gli incontri con l’artista aveva smesso di lavorare per i servizi segreti.

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