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Il San Valentino di fuoco dell’arte passa anche per le classifiche. Se Artinfo aveva lanciato le storie “fallite” come innesco per grandi azioni artistiche, il Guardian, forse più trazionale, stila invece il suo best of romanticissimo, con dieci pezzi da novanta, di cui uno solo davvero contemporaneo, o meglio, legato alla seconda metà del Novecento, e alla Pop Art: il celebro marchio e monotipo LOVE di Robert Indiana (sopra). Venduto e riprodotto in tutte le salse, è diventato molto più di un messaggio, ma è stato anche nominato come ipotetico simbolo nazionale dello stato americano dell’Indiana.
LOVE è un flash, uno spot, un segno: nulla a che vedere con le altre produzioni di autori come Rembrandt, e la sua misteriosa coppia de La sposa ebrea (1666) o Rubens, con il ritratto insieme alla moglie Isabella Brant, The Honeysuckle Bower, perfetta dimensione dell’intesa e dell’armonia.
E poi il Ballo in campagna di Renoir, Il bacio di Gustav Klimt, Il compleanno di Marc Chagall: tutto davvero classico.
Sarà questo l’amore, secondo l’arte? Forse nel ‘900, con la crisi della società, dei valori, con la rivoluzione legata alla psicanalisi, con le lotte per la parità di diritti, e le grandi tragedie dell’umanità, l’amore si è beccato – per vie traverse – tutta la sofferenza dell’uomo?
A giudicare dall’altro quadro messo nella lista, Gli amanti di Magritte (1928, in home page), si direbbe di sì. Meno male, insomma, che sono rimasti a grandi miti a farci sciogliere un po’ il cuore.