29 aprile 2016

Flavio Favelli porta in trasferta l’Amaro Montenegro, in Montenegro. Ripercorrendo pittoricamente una vicenda dal “Sapore Vero”

 

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Flavio Favelli, ancora una volta, è artefice di un cortocircuito: con la mostra “Montenegro Amaro” a cura di Ludovico Pratesi, nella chiesa di San Paolo a Cattaro (Montenegro), espone il grande stendardo Sapore Vero, che riporta la celebre etichetta dell’Amaro Montenegro dipinto a mano: l’artista mette in scena quella che è stata la tradizione italiana legandola al territorio della sua “invenzione”, in una trasferta quasi speculare di rimandi. 
L’origine della storia, anche di questa, parte dal viaggio di Silvano Cobianchi, imprenditore bolognese che fondò la casa del celebre liquore nel 1885, che in Montenegro scoprì una serie di erbe aromatiche che mixate con acqua e alcool misero a punto un amaro che divenne una celebrità. Chiamato Amaro Montenegro in onore di Elena Petrovich Niegos, principessa di Montenegro e futura regina d’Italia al fianco di Vittorio Emanuele III, anche Gabriele D’Annunzio definì la bevanda “liquore delle virtudi”.
«Un vecchia etichetta dell’Amaro Montenegro, con decori regimental, raccoglie linguaggi e immagini desuete tipiche di un tempo aulico e solenne spazzato via dalle Grandi Guerre. Una tipica storia italiana di impresa e la complessa relazione fra l’Italia e la ex Jugoslavia creano cortocircuiti densi e spesso inesplicabili», spiega Favelli. Che ancora una volta, oltre ai panni dell’artista, veste quelli di un ambasciatore, in senso lato, dei “prodotti italiani” ripercorrendo slogan, grafiche e personaggi scalfiti tra le memorie di diverse generazioni. Per una rinfrescata celebrità.

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