02 maggio 2016

Mordere la grande mela/1. Visita alla nuova sede del Metropolitan. Con gradita sorpresa

 

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A New York non si sta con le mani in mano. Il Withney cambia sede e libera il vecchio edificio modernista su Madison Avenue? Bene, ci si piazza il Metropolitan, aprendo la nuova sede del Met Breuer. Siamo andati a dare un’occhiata e siamo usciti soddisfatti.
Due mostre in particolare ci hanno colpito. Una è una bella scoperta: si tratta dell’artista indiana Nasreen Mohamedi. L’esatto opposto di quello che ci si aspetta da un’artista del Novecento indiano del periodo modernista. Niente, o quasi, figurazione, uso quasi esclusivo del bianco e nero, sperimentazione di vari linguaggi: disegno, acquarello, olio, fotografia. Il tutto con un rigore molto vicino al Minimalismo, ma caldo. Che dal disegno astratto via via si asciuga fino a proporre allo sguardo linee molto sottili e catturanti, che raccontano un percorso profondo e interiorizzato, non la semplice adesione a una scuola. 
Al terzo e quarto piano è di scena una bella collettiva, “Unfinished: Thoughts Left Visible”, che va da Tiziano a Cy Twombly, passando per Picasso, Monet, Louise Bourgeois, Robert Smithson e tantissimi altri. Il focus è sul non finito, indagato in vari modi: come decisione presa dall’artista di decretare compiuta la sua opera, il continuo tornarci sopra che non arriva mai a in termine, la scelta di mettere in luce alcuni aspetti dell’opera e non altri fino alla rivendicazione della non finitezza. 
Un viaggio appassionante nella storia dell’arte meno evidente, che tanto racconta di questa e degli artisti. Un modo di fare arte che in epoca contemporanea si radicalizza fino a trasformare la scelta consapevole in autentico linguaggio. In breve, una bellissima mostra.

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