30 maggio 2016

Ancora sulla Brexit. Stavolta prendono la parola Tacita Dean, Michael Craig-Martin e Wolfgang Tillmans, contro quella che potrebbe diventare la nuova provincia d’Europa

 

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«La notizia che la Grand Bretagna possa lasciare l’Europa è un sorta di terrore freddo». A dirlo è Tacita Dean, artista che non ha certo bisogno di presentazioni e che continua: «La Brexit potrebbe far tornare Londra un centro d’arte provinciale, come è stata in passato». L’artista, e non è un caso, sta completando un lavoro che è in parte ispirato dalla prospettiva dell’uscita del Paese dall’area europea, basato su The Tempest di Shakespeare. 
E oltre ai firmatari dell’appello, Richard Wentworth, Anish Kapoor, Cornelia Parker, Elizabeth Price, Shirazeh Houshiary, c’è anche il fotografo tedesco Wolfgang Tillmans, che da anni vive a Londra, che ha fatto una serie di 26 manifesti che illustrano il motivo per cui ritiene che la Gran Bretagna dovrebbe rimanere in Europa: perché ciò che si perde è perduto per sempre, è il leit-motiv. Dello stesso parere anche Tomma Abts che, come Tillmans, si è trasferito dalla Germania: «Il mondo dell’arte della Gran Bretagna subirebbe una battuta d’arresto nel lungo periodo, perché anche i giovani artisti internazionali non arriverebbero più: dobbiamo fare il contrario della Brexit: diventare più aperti e creare più connessioni e programmi di scambio». E poi c’è l’artista di origine iraniana Houshiary, che si è trasferito a Londra nel 1974, che parla di una rimozione lenta dei confini e non di tornare indietro.
Per Boris Johnson, ex sindaco di Londra, ha spiegato invece che il settore della cultura del Regno Unito potrà beneficiare di maggiori finanziamenti, anche se il Paese perderà vitali sovvenzioni dell’UE nonostante la Gran Bretagna porti all’Europa qualcosa come 350 milioni ogni settimana, ma di cui solo la metà viene restituita attraverso borse di studio e i rimborsi culturali. E allora, cosa scegliere? Da questa parte, per una volta, qualcuno è ben più che compatto. 

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