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Non sono bastati gli appelli di artisti, intellettuali, le farfalle di Damien Hirst. Non è servito il delitto di Jo Cox, deputata laburista, per mano di un fanatico nazionalista. Non sono bastate le voci schierate a favore di una “Gran Bretagna più forte se in Europa” di Anish Kapoor, Tracey Emin, Conrad Shawcross, Jeremy Deller, Martin Parr, Elizabeth Price, Bob & Roberta Smith, Cornelia Parker, del direttore della Tate Modern Chris Dercon, ma anche degli attori Benedict Cumberbatch, Keira Knightley e Patrick Stewart, la stilista Vivienne Westwood, e i membri della band Franz Ferdinand.
Alla fine, i sondaggi, hanno avuto ragione, attestandosi su una divisione secca e identica. Per un paio di punti: 52 per cento favorevoli ad andaserne, 48 per cento per restare. A dirlo oltre il 72 per cento dei cittadini.
E ora? E ora si parte con il crollo della sterlina (mai più bassa di oggi dal 1985), e anche se da Bruxelles si dicono poco preoccupati, non è un caso che il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, voglia incontrare subito Angela Merkel per evitare l’effetto domino, con altri Paesi incoraggiati a intraprendere questa strada.
«Abbiamo lottato contro le multinazionali, le grandi banche, le bugie, i grandi partiti, la corruzione e l’inganno», ha detto il leader dell’Ukip, il gruppo “secessionista”, Nigel Farage.
David Cameron, invece, favorevole al “restare”, ad ora resterà il premier. Ma da stamane gli scenari si complicano, almeno nelle intenzioni. Aggiornamenti in corso.