12 settembre 2016

Bergamo, sogna! E racconta tutto all’arte. La “Dreams Time Capsule” di Eva Frapiccini arriva in città, grazie a contemporary locus 11

 

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Contemporary Locus torna al Monastero del Carmine, nel cuore della città alta di Bergamo, ancora una volta per ridare vita a un luogo speciale, oggi con un sogno. Anzi, con una serie di sogni, che i cittadini potranno registrare e donare all’artista Eva Frapiccini, in occasione dello sbarco della sua Dreams Time Capsule.
Un’area di sosta, bianca, nella quale riconnettersi con la propria parte onirica, per sviscerare in segreto e in forma anonima il proprio universo notturno, che l’artista restituirà a partire dal 2018, attraverso un file audio, via e-mail.
«Mi piace l’idea di nomadismo, e questo progetto segue un po’ il mio modo di vivere il mondo, di trovare “il meglio” in ogni città dove vivo. L’idea del sogno è partita da un mio paradosso: nel 2011, in occasione della mia personale da Alberto Peola a Torino, volevo presentare qualcosa di nuovo e mi sono trovata a ragionare sulle mie tematiche, e dunque anche sulla memoria, su cosa tratteniamo e cosa lasciamo andare. All’epoca si parlava parecchio della teoria dei Maya sulla fine del pianeta, e mi sono chiesta cosa troverebbero gli alieni sbarcando sulla Terra qualche anno dopo questa “fine”: musei, palazzi e biblioteche, certo, ma non saprebbero nulla dei nostri sogni, perché noi li diamo per scontati. Ho preso l’occasione della mostra, in cui mettevo in scena la vita di uno scienziato mai esistito ma molto realistico, per mettere in pratica una performance dilatata e proporre la prima Dreams Time Capsule», ci spiega Frapiccini.
I numeri? In poco meno di un lustro hanno lasciato il proprio sogno qualcosa come quasi mille e 800 persone, registrando non solo un episodio della propria vita onirica (questo è quel che si chiede di preciso) ma anche un “desiderio”, interpretando male il senso di “sogno”.
Poco importa in realtà: i sogni di tutti verranno riconsegnati e, appunto, chiunque potrà rivedersi e rincontrarsi: «Nonostante la censura quotidiana che ci porta a rimuovere i sogni – ricorda l’artista – c’è il tempo che ti puoi prendere per ricordare, ma c’è anche l’inganno del tempo: con la memoria ricostruiamo il corso degli eventi. A distanza di anni il nostro passato viene elaborato prendendo altre forme rispetto a quella che era stata la realtà».
Un po’ come è successo a Frapiccini con la primavera araba. Al Cairo nel 2012 in residenza, completamente travolta dagli eventi, l’artista ha iniziato a lavorare sulle fotografie della serie Golden Jail – che completano il percorso al Monastero del Carmine – solo nel 2014. Mostrandoci stavolta la censura del reale, tra Egitto e Barhain, arrotolando scatti, come si arrotola il tempo. E chiedendo ancora una volta allo spettatore di fermarsi. Ogni sera, fino al 18 settembre, dalle 18 alle 22.

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