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Si sa, le opere vanno e vengono, si prestano: i musei russi hanno prestato la meravigliosa collezione Chtchoukind alla Fondazione Louis Vuitton, sulla quale – ma non per diretta conseguenza – i rapporti tra Putin e Hollande si sono raffreddati, ora l’Ermitage di San Pietroburgo firma un accordo con Pompei, e ora il Papa “svuota” la Pinacoteca dei Musei Vaticani per prestare alla Galleria Tretyakov oltre quaranta tele che annoverano i nomi di Bellini, Raffaello, Caravaggio, Guido Reni, Guercino e Poussin.
I disgeli, insomma, si consumano anche con il favore delle opere e in questo caso sono quelle della XII sala della Pinacoteca Vaticana, che apre oggi all’ombra del Cremlino e vi resterà fino a febbraio, sotto il titolo di “Roma Aeterna”. E una cosa, oltre a questa, l’abbiamo intuita: che di questo grande scambio se n’è parlato davvero poco. Un paio di testate italiane, un paio straniere. Un velo di silenzio su un affare “poco italiano”.
«Si è prestato il 10 per cento dei capolavori della Pinacoteca Vaticana, per mostrare l’arte italiana e quella dello Stato Pontificio», ha dichiarato Barbara Jatta, indicata come successore di Antonio Paolucci. I preparativi sono durati tre anni, con le “mani sante” della Fondazione Arte, Scienza e Sport e del miliardario Alisher Usmanov, che hanno aiutato nell’organizzazione pratica.
E ora chissà se arriveranno al Vaticano i capolavori russi. Di certo tra Francesco, Kirill e Putin, gli accordi e gli incontri, finora, sembrano essere calzati a pennello.