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Cresce a vista d’occhio il fronte anti-Trump nel mondo dell’arte statunitense e si arricchisce di nomi illustri. Oltre duecento tra artisti, scrittori, curatori e lavoratori del settore hanno preso parte a una marcia contro il neoeletto presidente repubblicano organizzata a Manhattan, precisamente fuori dall’edificio dove la figlia del presidente, Ivanka, vive con il marito Jared Kushner.
Cecily Brown, Ryan McNamara, Dan Colen, Marilyn Minter, David Velasco, sono solo alcuni dei partecipanti alla dimostrazione che aveva l’obiettivo di lanciare un messaggio alla figlia del magnate newyorkese, che ama collezionare arte. Dear Ivanka, questo il titolo dell’iniziativa, è una sorta di appello alla ragazza che in qualche modo viene vista, a torto o a ragione, come la “voce della ragione” della famiglia Trump.
Minter, protagonista in questi giorni di una retrospettiva al Brooklyn Museum, ha dichiarato al New York Times di aver sentito il bisogno, come molti colleghi, di fare qualcosa di concreto contro il rischio di vedere il fascismo rialzare la testa in un paese che si credeva immune a una tale regressione. La protesta è stata pensata e organizzata dall’Halt Action Group (HAG) – movimento guidato dall’artista Jonathan Horowitz, dal collezionista Bill Powers e dalla curatrice Alison Gingeras – che ha un account Instagram che non ha mai nascosto la sua ostilità verso Donald Trump . È proprio attraverso l’account che il movimento si rivolge a Ivanka con un esplicito “it’s not okay!”, riferendosi al razzismo, l’antisemitismo, la misoginia e l’omofobia che la politica del padre ha indubbiamente incarnato sin dagli albori della campagna elettorale e che ora trova conferma nella nomina in ruoli chiave di personaggi come Steve Bannon e Jeff Sessions. Queste discusse figure della politica Usa, per gli artisti nonché per molti americani, non sono altro che un “cavallo di troia” per portare alla Casa Bianca idee reazionarie che l’arte ha sempre sostenuto. (gt)