06 dicembre 2016

Dalla milanesissima via Gluck alle storie della Nuova Zelanda, in una serie televisiva. Ecco la puntata zero di “Calendoola” degli Invernomuto

 

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Simone Bertuzzi (1983) e Simone Trabucchi (1982) alias Invernomuto, stavolta hanno portato un po’ di avventura in via Gluck a Milano.
Nella famosa via cantata da Celentano sono stati infatti in residenza al numero 50, all’interno degli spazi del progetto “Gluck50”, e hanno concepito l’episodio pilota di quella che si svilupperà come una serie televisiva, portando in scena però sempre il loro potente utilizzo dei mezzi di post-produzione, del “glitch”, e anche di una certa dose di kitsch scenico.
Calendoola è il programma generale, e il pubblico milanese stasera, in quattro proiezioni, ha potuto scoprire UTU, la prima puntata che è un libero adattamento a sceneggiatura della trilogia di reportage “Ngati Dread” del giornalista Angus Gillies, dove si narrano gli eventi accaduti nella cittadina di Ruatoria in Nuova Zelanda fra il 1985 e il 1990, ovvero i conflitti tra gli abitanti del piccolo paese e un gruppo di rasta Maori.
In realtà, vuoi per la peculiarità di un episodio locale che diventa generale se vi si associa la parola “guerra” e “terra”, e vuoi perché si tratta delle relazioni che vengono intessute tra due comunità, le specificità estetiche, linguistiche e politiche, anche se non negate, è come se attraversassero lo schermo per condurci in un’altra dimensione dove noi stessi possiamo costruire il nostro “UTU”, vendetta: in villaggio indios dell’America Latina contro qualche bianco, in qualche tenuta che fu indigena degli Stati Uniti, dove la messa in scena esasperata non fa che aggiungere livelli di complessità all’interpretazione dei fatti realmente accaduti (che possiamo immaginare tali solo affidandoci agli autori), risultando così, questo primo Calendoola, un calembour senza sosta e senza posa, dove testo, performance e interpretazione sono dosate alla stessa maniera. Un esperimento, in attesa dei sequel. 
In home page: Invernomuto, Calendoola, set photo, 2016, courtesy of the artists and Gluck50, ph Matt Anna Adamo

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