04 marzo 2017

Cartoline da New York/6. Secondo giro all’Armory Show, tra “leoni” da tutto il mondo, Italia compresa

 

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Un secondo giro all’Armory rimette un po’ le cose a posto, specie se si va al Pier 94, quello storicamente dedicato al contemporaneo.
Qui, in pieno spolvero, si trovano alcune grandi gallerie americane come Marianne Boesky, James Cohan e Pace, le grandi londinesi come White Cube, Victoria Miro e Lisson, le internazionali come Spruth Magers, Thaddeus Ropac e la “nostra” Continua, eccellenti proposte latino americane come OMR di Città del Messico e svariate italiane.
Da Lorcan O’ Neill, che a New York porta due signore dell’arte come Kiki Smith e Rachel Whiteread, circola un certo ottimismo. «La fiera è migliorata – afferma Laura Chiari, direttrice della galleria romana – anche se manca un pubblico più giovane. Quest’anno l’atmosfera sembra più establisbed». 
Che di anno in anno Armory, anche per la concorrenza di Frieze, sia migliorata pare vero, “meno americana”, come aggiungono da P420 che, oltre Irma Blank, presentano con soddisfazione Riccardo Baruzzi, già venduto mentre su Blank c’è un’evidente attenzione data dalla partecipazione dell’artista alla prossima Biennale di Venezia. «Eppure a me pare che ci sia tanta America», sostiene Corrado Gugliotta di Laveronica di Modica, per la prima volta a New York nella sezione “Presents” riservata alle gallerie con meno di 10 anni, lasciando intendere con questo un’offerta gridata, molto colorata, post pop, e piuttosto superficiale. 
Come sia, questa rimane la fiera in cui la Grande Mela si riconosce di più e dove le proposte devono essere calibrate per i collezionisti americani abituati a una lettura abbastanza veloce dell’arte. Oltre al fatto che qui, dove vige un sistema dell’arte molto definito, la competizione è molto dura. 

In home page: Armory Show 2017, Photo Courtesy Roberto Chamorro 
Sopra: Installation view dello stand di White Cube, The Armory Show, 2017. Photo Adam Reich – Artsy

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