28 marzo 2017

Milano Art Week/3. Santiago Sierra al PAC: una mostra in bianco e nero, bella e “libera”

 

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Milano Art Week/3. Santiago Sierra al PAC. In una mostra in bianco e nero, bella e “libera”
Santiago Sierra sbarca a Milano, alla sua prima personale – e antologica – in una istituzione pubblica italiana. Una lunghissima e partecipatissima conferenza stampa per introdurla, con parecchio pubblico in sala, dà il calcio d’inizio al secondo giorno della settimana dell’arte.
Sierra, che parla sul finale, è quasi didascalico: la mostra al PAC? Una mostra “libera”, spiega l’artista spagnolo, nato nel 1966 a Madrid, che ricorda come sia molto difficile, oggi, riuscire a lavorare senza “mediazioni”, eufemismo per identificare veri e propri impedimenti di sorta. 
«Mi è capitato di vedere i miei lavori non esposti, occultati, cambiati. Lo staff del PAC ha invece permesso una mostra completa e senza restrizioni, e non è poco.  E sono molto contento». Perché proprio al PAC, infatti? Lo ricorda anche il co-curatore (insieme a Diego Sileo) Lutz Henke: «Siamo a Milano e siamo al Padiglione d’Arte Contemporanea semplicemente perché ci hanno dato la possibilità di fare una mostra così. E ringraziamo tutti, per questo».
Il risultato è ottimo, partendo dal cortile: in via Palestro risuonano gli Inni d’Europa (Europe Long Play) in maniera disarmonica, metafora della mancata aderenza di ogni stato a quel progetto comune che è l’Unione e che ogni giorno sembra vacillare di più. Poi via via, nelle sale, passano quasi trent’anni di lavoro, dai Denti degli Ultimi Gitani di Ponticelli, in home page, realizzato a Napoli per il MADRE, che mostra la paura e la rabbia per e del diverso, fino alle documentazioni di azioni storiche, come il Tentativo di costruire quattro cubi di sabbia di 100 cm per lato, azione che coinvolse due nomadi della Repubblica Ceca che, osservata l’impossibilità di compiere l’azione lasciarono a metà il lavoro, e a metà vennero retribuiti.
Il denaro, elemento ricorrente nelle opere di Sierra è anche presente nella vendita del titolo di Accademico di Spagna, rifiutato dall’artista e messo in vendita per sovvenzionare giovani, mentre l’aspetto più politico e del crimine contro l’umanità è nella lunga serie dei Veterani di guerra con il viso rivolto verso il muro, nelle fotografie che fanno da vedetta al tutta la mostra, installate nella balaustra: una punizione, o un atto di dissenso degli stessi, contro il sistema che li ha ingabbiati in una lotta di cui, forse, si sono perse anche le motivazioni, ammesso ve ne fossero. Una mostra, come ha ricordato Henke, che non deve spaventare o angosciare, ma necessaria per riflettere sul nostro tempo. Insindacabilmente “giusta”. 

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