04 giugno 2017

Strage sul London Bridge, ovvero come a margine del sangue c’è sempre un simbolo universalmente iconico

 

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E ci risiamo. E i commenti, ormai, sono superflui e un po’ sempre gli stessi. Com’è possibile? E invece è possibile. Lo stato d’assedio tocca di nuovo a Londra, a pochi giorni dai fatti di Manchester e del concerto di Ariana Grande, e a due mesi da Westminster è di nuovo il cuore della Capitale inglese ad essere colpito, a suon di un veicolo piombato sui passati sul London Bridge – non un ponte qualsiasi ma “il ponte” per eccellenza di Londra, da non confondere con il Tower Bridge – che forse, per la sua collocazione, è ancora più vivo, centrale, unico, brillante.
Ancora turisti nel mirino, e ancora un simbolo di cultura, un’immagine “globale” della città riconosciuta in tutto il mondo; un’icona, ovviamente. 
I terroristi, armati anche di coltelli e di finte cinture esplosive, sono fuggiti verso Borough Market e pare abbiano gridato “Questo è per Allah”. Al solito, tra gli assalitori, nessun superstite è rimasto e la polizia ha fatto sapere che sono stati tutti “neutralizzati” a soli 8 minuti dopo la prima richiesta di aiuto: nessuno, insomma, potrà confessare nulla come al solito. 
Il bilancio, per ora, è di 6 vittime e quasi 50 feriti. Quel che ci chiediamo è quanto, ancora, l’Europa potrà accusare queste ferite: un caso, anche, che l’attentato arrivi a cinque giorni dal voto britannico? 

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