05 giugno 2017

La mia Artissima. Dalla “Casa Lago” di Milano Ilaria Bonacossa aggiunge nuovi segmenti alla fiera torinese: ecco le novità

 

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Nella bella cornice di “Casa Lago” a Milano, a due passi dal Teatro Strehler, Ilaria Bonacossa dopo le prime presentazioni dello scorso marzo a Torino invita a pranzo i giornalisti e racconta altri segmenti della sua Artissima, prima della conferenza “definitiva” in cui verranno annunciati partecipanti e non solo, del prossimo settembre.
«Bisogna  lavorare per far crescere un collezionismo giovane e italiano, perché ce n’è bisogno e perché non si può puntare tutto sui settantenni. Il passaggio da “appassionato” a piccolo collezionista non è così complicato, ed è grazie a loro che gira il mercato», attacca Bonacossa, che annuncia la nuova sezione dedicata al disegno. Con la curatela di Luìs Silva e João Mourão, direttori alla Kunsthalle di Lisbona (e come non guardare alla Capitale portoghese in questo periodo),  la sezione è stata pensata non solo per la grande tradizione di collezionismo sul disegno che esiste in Italia, ma anche per il  grande business che muove questo settore: «Pensiamo alla specifica fiera di Parigi o alla sezione del Tefaf. E il disegno ha la capacità di appassionare non solo gli addetti ai lavori», spiega la direttrice. 
Il programma “Walkie Talkie” è mantenuto, quest’anno con la cura di Abaseh Mirvali, mentre le performance con buona probabilità si svolgeranno all’esterno, in città «Perché vi è la necessità di dargli uno spazio autonomo, anche per la loro natura di pratica che esce dal sistema».
Altre due news sono lo Spazio Piper, a cura di Paola Nicolin, che ispirandosi alla discoteca di De Rossi “vissuta” in un sotterraneo torinese di Porta Palatina dal ’66 al ’69, diventerà una “classe aperta” con un palinsesto di lezioni, dialoghi e proiezioni per tutta la durata della fiera. In secondo luogo, ma non in seconda posizione, un altro progetto: il Deposito d’Arte Italiana Presente, sezione che metterà in scena opere di artisti del Belpaese provenienti da varie collezioni private (con la cura di Bonacossa e Vittoria Martini), ripensando al Deposito voluto da Marcello Levi che a sua volta durò solo un paio d’anni a cavallo tra il 1967 e ’68, e che voleva mettere in scena opere “private di qualsiasi sacralità” di giovani emergenti. 
Perché, insomma, la verità è che Bonacossa a quest’arte italiana pare tenere molto, e alla sua promozione soprattutto: «Se tu sei una fiera internazionale puoi dare importanza all’arte italiana senza risultare provinciale. Si veda l’esempio di MACO Mexico: il 60 per cento degli stand propone arte latino-americana, perché la gente vuole quello. Il problema del nostro sistema, come “mercato”, è che non è abbastanza forte ed è per questo che le gallerie italiane all’esterno spesso propongono artisti stranieri, per avere più riconoscibilità. Ma con certezza posso dire che ad Artissima quest’anno vi saranno molto più artisti italiani». Detto fatto, ecco il famoso “progetto” di cui si era ventilato a Torino, un paio di mesi fa: il Deposito, appunto. 
Ma non è finita, perché la fiera cambierà la sua “struttura” architettonica grazie al coinvolgimento dello studio d’architettura Vudafieri Saverino Partners. Il disegno? Una città barocca, fatta di strade e piazze e aree di sosta, in quell’Oval che – è certo – sarà lo spazio ospitante per l’ultimo anno. In ballo c’è un avvicinamento al centro cittadino della fiera, e il ripensare strategicamente dove vorrà andare Artissima nei prossimi 5 anni. 
«La fiera è una macchina interessante, sofisticata, e un belvedere perfetto dal quale osservare l’evoluzione del contemporaneo e del collezionismo: basti pensare che dal 2001 ad oggi sono nate circa 200 fiere e allo stesso tempo sono sorti tutti i musei privati dei collezionisti. La fiera diventa uno strano posto dove le persone del mondo dell’arte si incontrano e scontrano: io vorrei che Artissima diventasse il “dopo-Liste” [la fiera svizzera collaterale di Art Basel, ndr], ovvero quel posto dove le gallerie sono già cresciute ma ancora fresche».
Il rosa della comunicazione? Resta, perché forte, brandizzato, connotante. 
E in città? «Non ho smanie curatoriali, voglio essere una brava direttrice di fiera. E poi sarà il momento d’oro di OGR, per cui lasciamo fare a loro», spiega sorridendo Bonacossa, che annuncia anche il lavoro congiunto con il Centro di Restauro di Venaria, per fare un progetto condiviso sul tema, anche perché chi compra vuole sapere come restaura, e per la rimessa in scena del “Piper”.
Dulcis in fundo? “Back to the Future” quest’anno riscoprirà gli anni ’80, «Perché un sacco di arte di quel decennio è passata sotto silenzio e riguardare agli Ottanta è un modo per capire anche quel che sta succedendo adesso», e al bando lo spreco di carta del catalogo generale. In compenso una piattaforma responsive, gestita anche dagli stessi galleristi, per caricare contenuti in tempo reale e aggiornare costantemente i dati. Insomma, un prossimo appuntamento con le ufficialità sarà dato, ma già il quadro è ben delineato. All’Oval invece, per tutti, il “save the date” è per giovedì 2 novembre 2017.  

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