05 giugno 2017

Tutto il mondo in un’unica danza. Al Centre Pompidou di Parigi, si apre il sipario sul Festival Move

 

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Il Centre Pompidou di Parigi lancia la prima edizione di Move, un festival che combina danza, performance e immagine in movimento, promuovendo il coinvolgimento creativo del pubblico. Tema di quest’anno infatti sono gli appassionati, gli amatori di danza, di canto o altro, che il Forum-1 del Pompidou accoglie per vivere un evento poco ordinario. 
Move, che si inserisce in una volontà di programmazione multidisciplinare, vede in alto alla lista l’artista italiana Marinella Senatore, con la sua scuola nomade The School of Narrative Dance, che si basa sulla partecipazione attiva dei fruitori. Suscitare un dialogo tra il pubblico e l’istituzione culturale, è la volontà di Marinella Senatore, che ha creato la scuola nel 2013, invitando i partecipanti a condividere le proprie conoscenze per creare un movimento coreografico corale, presentato poi in una sfilata che percorre le strade della città. Una performance filmata, che vede la partecipazione energizzante e spontanea di un pubblico amatoriale in uno spazio urbano aperto, e che diventa oggi un vero atto di coraggio dati i tragici episodi legati al terrorismo. Durante la manifestazione, che dura fino al 26 giugno, è possibile vedere video quali: La Parade de Berlin (2012), La Parade de l’Ecuador (2014) e Speak Easy (2009). 
Gli atelier chiuderanno il 2 luglio, con una parata che avrà luogo davanti e nei pressi del Pompidou. Ricordiamo la performance del taiwanese Lee Mingwei, Our Labyrinth, in cui il performer sposta, con l’ausilio di una scopa e attraverso movimenti ampi e meditati, riso sparso disordinatamente per terra. La performance occupa solitamente una zona di passaggio, che diventa qui uno spazio di contemplazione che accoglie segni effimeri di una scrittura mentale.
Parte del festival Move l’esposizione Hips Don’t Lie che presenta alcuni video intorno alla danza baladi, meglio conosciuta come danza del ventre, qui rivisitata e molto lontana dai classici cliché. Tra gli artisti troviamo Kader Attia con Shadow (2004), che filma il danzatore Samy Gamal, il cui ritmo sempre più frenetico sembra disgregare l’ombra, che si staglia sul fondale, dal soggetto stesso. Scopriamo qui La femme sans tête ou La Danse du ventre (1974) dell’artista turca Nil Yalter, un bellissimo lavoro sulla sessualità che denuncia il controllo del piacere femminile da parte dell’uomo. Ma anche Youssef Nabil con Saved my Belly Dancer (2015). 
Vidéodanse, manifestazione creata nel 1982 e che, quest’anno, s’inserisce nel festival Move, presenta i lavori di tre grandi coreografe quali Maguy Marin, Lucinda Childs e Anna Teresa de Keersmaeker. Per maggiori informazioni potete vedere qui. (Livia De Leoni)

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