15 ottobre 2017

ArtVerona/6. Cose buone fuori dalla fiera

 

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Fuori. Tre appuntamenti ci portano in tre luoghi simbolo della storia antica e recente della città.. 
Grande è l’emozione alla proiezione delle fotografie di Gabriele Basilico, nella rotonda frigorifera degli Ex Magazzini Generali, ideata da Luca Massimo Barbero. Nel 2005 la Fondazione Cariverona aveva commissionato a Basilico una campagna di documentazione di questa eccezionale archeologia industriale, alla fine della sua esistenza. Oggi c’è solo lo scheletro di questo enorme edificio sovrastato da una grandiosa cupola, avvolta all’esterno da una luce rossa fluorescente, all’interno, in una delle ex celle frigorifere, avviene la proiezione del ritratto della sua fine. L’occhio di Basilico la racconta con impareggiabile empatia e umanità. E’ raro poter assistere a una visione della storia del lavoro industriale con tanto rispetto. La commozione è stata totale e anche il rimpianto per un artista come Gabriele.
Al Palazzo della Ragione, a poca distanza dalla casa di Giulietta, in questo prestigioso incrocio simbolico della cultura della città, “Il mio corpo nel tempo”, a cura di Adriana Polveroni insieme a Patrizia Nuzzo, con le opere di Urs Luthi, Luigi Ontani, Roman Opalka pone la questione del tempo biologico personale. 
E’ una selezione di grande livello che segnala un cambiamento radicale della nostra epoca. Già nel 2015, su Exibart on paper, avevo scritto che “La vecchiaia è finita”. Non è finita perché siamo diventati immortali, o perché l’industria della chirurgia plastica ci mantiene perennemente ventenni, ma perché la divisione sentimentale dell’esistenza non prevede la pausa della vecchiaia. Le opere di questi artisti ne sono una prova. Nel momento in cui si autoritraggono reinventando l’immagine di sé in collegamento con la propria gioventù, segnalano un rapporto non romantico tra il proprio tempo e il desiderio di vivere la memoria di sé in relazione ai cambiamenti propri e altrui che continuano ad avvenire indipendentemente dall’età. Tutti e tre hanno individuato figure che sottolineano questo processo. Sono visioni che possono introdurci alla fine della vecchiaia nell’epoca di una longevità crescente. Un bellissimo intreccio tra la storia sociale, urbana, artistica e l’attualità che si condensa nel centro di Verona.
Un altro tassello tra storia e contemporaneità avviene al Museo di Castelvecchio, con “Iconoclash”, cura di Antonio Grulli. 
La combinazione tra l’impareggiabile restauro di Carlo Scarpa di questo edificio, i capolavori qui conservati e le opere di alcuni artisti contemporanei, provenienti da collezioni private, indicano che la “vecchiaia è finita”, o meglio nell’arte la vecchiaia non esiste, perché ognuno di fronte a un’opera porta i cambiamenti che ha intuito nella propria esistenza e così rinnova l’esistenza stessa dell’arte. Mettere a contatto il patrimonio storico con le opere che in futuro diventeranno storiche è un buon esercizio e un riconoscimento per chi investe nel contemporaneo. Il circuito di Castelvecchio ci porta fino al tetto e da lì si ammira la visione della città, un’altra cosa buona. (Francesca Pasini)

Nelle foto le opere di Fabio Mauri (in home page) e Nicola Samorì nella mostra “Iconoclash”

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