Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Tra le mostre più chiacchierate di questa Art Week newyorchese c’è senza dubbio quella di Anri Sala da Marianne Goodman, che gli dedica un solo show (il quarto con la gallerista) negli spazi stupendi della 57th.
Ancora una volta, Sala (Albania, 1974) mischia musica e narrazione, rovesciando e duplicando percezioni. In questo caso il corpo del lavoro, nella galleria nord, è dato da 38 tamburi rullanti sospesi al soffitto, che attraverso le rispettive bacchette si animano, interagendo con le note di Mozart e del suo Concerto per Clarinetto in A Maggiore. Ma Sala, artista raffinato, non si limita a una riproposizione. Ciascuno dei tre movimenti del concerto è stato alterato secondo una regola autoimposta: la rimozione dei primi toni centrali, l’uso delle indicazioni di tempo originali sostituite con la descrizione giornaliera del vento, tratta dal diario di James Bell del 1839, annotate mentre si recava da Londra in Australia, mentre nel terzo movimento l’ordine cronologico di tutte le parti di solo è stato rimosso e la distribuzione delle parti registrate tra i tamburi è liberamente basata sulla tipica formazione di posti a sedere di un’orchestra classica. Ecco, così, prendere forma The Last Resort, che sovverte le principali indicazioni del concerto, il senso di gravità e di ritmo, appendendo i tamburi in omaggio all’Australia nel suo essere stato definito il Paese “sotto terra”. L’opera, variata per la galleria, è stata in realtà concepita per Kaldor Public Art Projects di Sydney. Il risultato, oltre al tecnicismo, è però poeticamente impeccabile.
Così come è perfettamente e stupendamente architettato il video If and Only If. Qui, invece, l’Elegia per sola Viola di Igor Stravinsky è “alterata” dalla presenza di due chiocciole che percorrono l’archetto dello strumento, durante il concerto. I movimenti impercettibili e apparentemente innocui degli animali provocano nell’esecutore Gérard Caussé una modificazione dell’andamento, instillando tra le parti una sorta di dialogo impercettibile, una “collaborazione” invisibile per un nuovo pezzo. Una vera e propria lezione di cooperazione, da non perdere.