22 aprile 2018

In Abruzzo, un restauro ridà splendore alla Madonna di Sant’Eusanio. Che rimane senza data

 

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La Madonna di Costantinopoli torna a mostrarsi ai cittadini di Sant’Eusanio del Sangro, piccolo paese dell’Abruzzo, nella provincia di Chieti. Dopo un accurato lavoro di restauro dello storico affresco, a opera di Michela Tavano e sotto l’attenta supervisione della Sovrintendenza regionale che ne ha autorizzato i lavori, la sacra immagine della Madonna di Costantinopoli, conservata all’interno della chiesa di Santa Maria Assunta, viene restituita in tutto il suo splendore originale alla comunità. 
Ma nonostante la ritrovata bellezza dell’opera, l’operazione di restauro e il lungo studio che l’ha accompagnata non sono riusciti a stabilirne l’autore, che continua a rimanere ignoto: come pure la data di creazione, attorno alla quale, anzi, si è acceso un vero e proprio dibattito. Tra chi vorrebbe farla addirittura risalire al XII secolo e chi ritiene più ragionevole collocarla nel 1400. Anche se, come ricordano diverse testimonianze storiche dell’epoca, il paese di Sant’Eusanio era fiorente tra il 1100 e il 1200. Mentre nei secoli successivi, anche a seguito di una pestilenza, la cittadina perse ricchezze, motivo per cui, secondo alcuni, sarebbe poco probabile che dopo quelle date si potessero commissionare opere d’arte di tal valore. Tuttavia, la collocazione al Quindicesimo secolo sarebbe stata fornita basandosi sulle caratteristiche linguistiche del testo in calce all’immagine. Dallo stesso testo, peraltro, si può anche dedurre che l’affresco facesse parte di un ciclo più ampio di opere, comprendente anche le immagini di Sant’Antonio (ora custodito in Sacrestia), di un Crocifisso, di un Angelo e di Santo Stefano. Un ciclo di affreschi che impreziosiva la modesta cappella privata disposta di traverso rispetto al corso di Sant’Eusanio, poi demolita nel 1901, per far spazio all’attuale chiesa. 
Da qui le operazioni di distacco dell’affresco della Madonna, negli ultimi giorni di dicembre del 1900, che lo portarono ad assumere diverse collocazioni, nel corso del tempo, fino a trovare a quella definitiva nel 1941. In un percorso che è stato possibile ricostruire nei dettagli grazie alla testimonianza scritta del cavalier Francesco Finamore che ha descritto le vicende dell’opera esaltandone le virtù con vari aneddoti che al di là del valore storico hanno contribuito ad alimentare la devozione popolare nei confronti della sacra effige. L’ultimo lavoro subito dall’opera è stato però quello di restauro, che è consistito in un consolidamento dell’intonaco di supporto all’immagine oltre a vari interventi estetici mirati a recuperare la colorazione originaria. Oltre ad altre soluzioni mirate a proteggere l’opera per gli anni a venire. 
E il risultato, ora, è sotto gli occhi di tutti. La Madonna rappresentata nell’affresco siede su un trono e regge sulle sue ginocchia il Bambino nudo, cingendolo con il braccio destro e stringendogli il piede con il sinistro. Il Bambino, invece, pone la mano destra in segno di benedizione mentre con la sinistra sorregge una sfera. Nello spazio bianco sottostante si trova una scritta in stampatello che specifica i committenti dell’opera, anche se solo parzialmente visibile, e che viene dunque soltanto (e parzialmente) interpretata. Senza alcun riferimento, purtroppo, all’anno di esecuzione. Alimentando un dibattito attorno alla possibile datazione che forse non cambia il valore dell’opera, né tanto meno quello del restauro, offrendo, semmai, un motivo in più all’affresco per far parlare di sé, ora che è tornato a splendere. (Alessio Crisantemi)

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