Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Una festa con sorpresa non tanto gradita. E così, le celebrazioni del trentennale del Centro Pecci di Prato, svoltesi il 22 giugno negli spazi di Macrolotto Zero, si sono chiuse con una contestazione all’artista austriaco Rainer Ganahl e alla sua performance, Please teach me chinese-Please teach me italian.
Ganahl, che da sempre ha rivolto la sua ricerca allo studio dei fenomeni linguistici e relazionali e ha esposto le sue opere al Whitney Museum of American Art e allo Smithsonian, è stato invitato dal museo di arte contemporanea toscano per una residenza di una settimana. In questo lasso di tempo, l’artista ha collaborato con un gruppo di sette performer italiani e cinesi, con il coordinamento della compagnia teatrale Kinkaleri, per sviluppare una performance incentrata sulla fluidità dei ruoli sociali e sulle contaminazioni culturali. Per Please teach me chinese-Please teach me italian, Ganahl ha ideato una linea di tessuti, prodotti da Marini Industrie S.p.A., con cui confezionare diversi abiti, realizzati da Manifatture Digitali Cinema.
Durante la sfilata tutto è andato liscio ma, poco prima della conclusione, sono stati proiettati alcuni video fuori programma, nei quali si riportavano scene di cronaca degli ultimi anni, dalla protesta di Campi Bisenzio a un’ispezione delle forze dell’ordine all’interno di laboratori cinesi. A quel punto la situazione ha iniziato a degenerare, prima con bordate di fischi da parte del pubblico, poi con interventi di alcune performer cinesi che hanno accusato aspramente Ganahl di aver interpretato questioni fin troppo spinose con superficialità.
A quel punto, per placare gli animi e mettere un punto alla discussione, è intervenuta con decisione Cristiana Perrella, direttrice del Centro Pecci: «La cultura non sempre unisce spesso fa anche discutere ma anche la discussione ha un valore. Però credo che questa sera si sia andati un po’ oltre e credo che un artista non possa dissociarsi da quello che mostra ma che debba elaborare dei concetti, non limitandosi a presentare quello che ognuno di noi può vedere su Google. Credo infatti che la città sia andata molto avanti rispetto a quello che si vede nei video, che ormai sia una città diversa».