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Con ogni probabilità, Damien Hirst è attualmente l’artista vivente più famoso al mondo. Ma ciò che nasconde dietro quell’espressione a labbra serrate da provocatore, oltre quegli occhiali che vogliono sicuramente dire qualcosa di arguto, è un cuore da benefattore, un animo da mecenate. Per esempio, sapevate che fine hanno fatto quei 111 milioni di sterline, ricavati dalla vendita di 223 sue opere in un’asta da Sotheby’s, nel 2008? Sono stati investiti nel salvataggio di un antico relitto, disperso al largo dell’Oceano Indiano nel corso di un naufragio. E questa è la storia che c’è dietro a “Treasures from the Wreck of the Unbelievable”, la titanica mostra a Punta della Dogana e Palazzo Grassi, che ha raggiunto la cifra di circa 360mila visitatori.
Almeno questa è l’incredibile vicenda raccontata dal documentario appena pubblicato su Netflix che, grazie all’innata capacità umana di coniare neologismi, può essere compreso nella categoria del mockumentary. Ovvero, l’improbabile che diventa reale, basta saperlo raccontare. E non c’è nessuno al mondo così bravo a raccontare storie come Damien Hirst, che è sempre riuscito ad andare oltre le definizioni, che siano bello, brutto, vero, falso. Diretto da Sam Hobkinson, capace e fededegno documentarista, vincitore del Grierson British Documentary Award nel 2007, per Who Cares about Art, e nel 2012, per The Love of Books: A Sarajevo Story, potremo finalmente conoscere tutto quello che c’è di vero e di falso insieme, seguendo comodamente, anche da casa, grazie al nostro abbonamento alla popolare piattaforma dedicata alle serie tv, il laborioso percorso di recupero di tutti i 189 pezzi in bronzo, marmo, malachite e oro dal fondo marino da qualche parte al largo della costa dell’Africa orientale.