08 ottobre 2018

Il rumore di fondo dell’Asilo

 
Tutto e il contrario di tutto, unendo i pro e i contro. La versione dei fatti di uno “straniero”, per una storia che – ad oggi – pare decisamente poco avvincente

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Ho fatto passare qualche giorno prima di dare la mia versione sul Macro un po’ perché, lo dico chiaramente, mi spiace per quello accaduto al museo di arte contemporanea di Roma ma allo stesso tempo credo che il tempo per piangere sia esaurito. È arrivata l’ora dei fatti, ed è finita quella delle arringhe che urlano allo schifo senza prendere provvedimenti contro i cattivi bambini dell’Asilo. E poi, da qui, mi viene da dire, cinicamente: De Finis e il Macro com’è ora, l’avete voluto voi.
La metamorfosi (il decadimento?) del museo, vista da lontano, è stata lenta e inesorabile. Specchio politico della Capitale certo, ma non dell’Italia intera, grazie.
Ad oggi, però, sembra ormai piuttosto miope vedere solo i “contro” (sì, tra poco arrivo al catalogo), perché sul Macro ci sono anche tanti “pro”, che magari per ora parlano a bassa voce, ma dicono: “il museo è pieno”, “il museo fa incontri”, “il museo è tornato a vivere”, “il museo non presenta solo sfigati”…E così stai a vedere che, presentando proprio sullo stesso piano il bello e il brutto, il buono e il cattivo, il figo e lo sfigato, finalmente diventeremo una società migliore. La città si avvicinerà all’arte. L’Asilo sarà il posto di tutti. D’altronde l’arte è libertà, l’arte è divertimento, l’arte è “valvola di sfogo”: dipingere, scolpire, fotografare sono attività che rientrano anche nella terapeutica, quindi è giusto che ognuno di noi possa praticarle, uscendo dalla propria stanza o dal garage e presentandosi al museo. Domani io mi presenterò in uno studio dentistico, mi dichiarerò un odontoiatra nell’animo, e chiederò di prendere servizio. 
Concetti che abbiamo già detto e stradetto, come abbiamo già riflettuto sul fatto che sarebbe bastato pensare a un programma ufficiale, magari con un paio di mostre ragionate, e un programma “off” quotidiano fatto di mille presentazioni per mettere a tacere gli animi, o per far ben sperare.
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Addestramento infruttuoso con Daniele Villa Zorn, ph. Giorgio Sacher
Sapete qual è la questione? Che il Macro ha acceso un dibattito fatto di nulla, perché facendo “tutto” questo tutto diventa rumore di fondo. La situazione del Macro, l’incarico di De Finis per relazione diretta con l’Assessore, gli incidenti negli atelier il giorno dell’opening, il catalogo realizzato senza nemmeno chiedere “posso?”, la quadreria senza una didascalia, è il basso continuo della noia che pervade anche la situazione politica italiana, dove uno attacca la magistratura via facebook e poi, redarguito, come un cagnolino non ha nemmeno il pudore di nascondersi ma si auto-umilia in pubblico con la coda tra le gambe. 
Si cerca il nuovo, e si rimpiange il vecchio: vota 5stelle per affondare il PD, la Lega, Forza Italia! Oh no! Com’era meglio il PD, Berlusconi, Craxi…in tanti pensano pure il Duce, guarda un po’. Fra qualche anno forse grideremo alla genialità di questo nuovo Macro, di fronte al direttore che sarà succeduto a De Finis. 
Di fronte al nuovo Macro mi vorrei porre in maniera completamente esterna: osservare. Fine. Trattare questo organismo con indifferenza, la stessa che uso per le persone che mi raccontano a perdifiato fiumi di progetti e di successi e che non sentono altro che la loro voce. 
Il Macro io lo vedo un po’ così; tradisce insicurezza e allora si parla addosso, fagocita, ha l’ansia da prestazione. Indicativo che non si possa vedere una bella o brutta mostra, no? Significherebbe mettere qualcosa in gioco. Qui, invece, si sceglie di far giocare tutti e dunque, in fondo ma nemmeno troppo, di non prendere alcuna posizione. Il gallo travestito da gallina. Chi ha rotto il giocattolo, chi ha rubato le caramelle? Nessuno, Maestra! 
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Gianni Asdrubali ph Monkeys VideoLab
Aggiungo: di non permettere nemmeno un approfondimento, visto che un turn over del genere di incontri, appuntamenti, proiezioni etc non si riserva nemmeno a un palinsesto da circolo ricreativo. 
Come un bambino l’Asilo afferma la sua personalità facendo dispettucci, dichiara indipendenza con le marachelle. 
Veniamo al dunque, per quanto mi riguarda per l’ultima volta. Sugli schienali delle seggioline dell’Asilo, che si vedono nei manifesti che promuovono la riapertura del museo, si legge: BENE COMUNE.
Ebbene, al Macro si è confuso il “bene comune” con la libertà di fare “quello che ci pare”. 
Mi riferisco, ovviamente, anche agli innumerevoli articoli copiati-incollati sul catalogo che accompagna il nuovo corso del museo (che ora sembra “sparito” dagli scaffali). Per l’ennesima volta, forse il curatore Giorgio De Finis non se ne sta rendendo conto, si è messo di nuovo tutti contro. Ma quelli contro di lui, ancora, sono quelli che fanno parte di quel sistema brutto che si vuole buttare alle ortiche, quel manipolo di “esperti” che hanno spadroneggiato nel decidere che cosa vale o no nel “sistema dell’arte contemporanea”. 
Ma perché, allora, pubblicare i testi di questi signori? Non si sarebbe fatto meglio ad ignorarli? 
O forse la scelta di questa pubblicazione “globale” è in odore di democrazia? Di armistizio tra le parti? Forse non ce ne siamo accorti? 
Ancora: con la voglia di mandare al diavolo le vecchie regole del gioco anche stavolta si è replicata la più becera delle azioni rispetto al pensiero sull’arte di oggi. Ovvero si sono calpestati i diritti degli autori, che avevano tutto il diritto di rispondere a una lecita richiesta: “No, in questo catalogo non voglio esserci”.
Ma in fin dei conti, come ha chiarito bene l’ironico articolo di Ludovico Pratesi uscito pochi giorni fa, a noi – e al Macro – le cose difficili non piacciono.
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Il matrimonio combinato non è peccato / Nozze miste, combinate ad arte e con amore, sotto il Tappeto Volante. Sala Rome di Macro Asilo, un progetto di Stalker/Osservatorio Nomade ph. Giorgio Sacher

Perché sbattersi per ricevere un rifiuto, quando “l’arte è libera”, è un giochetto, non si paga, non si chiede; perché stressarsi con richieste varie ed eventuali quando il web è territorio franco, dove si possono prendere, scaricare, clonare immagini e testi, e attraverso il quale si possono liberamente commettere (nessuno ha controllato le bozze?) anche errori di trascrizione (sìssignori, nel catalogo c’è pure questo). 
E ancora: chi lavora nell’arte non ha di certo bisogno di essere pagato, tutelato, tanto si tratta di attività divertenti, di passatempi. Tanto che sarà mai un articoletto scritto per un giornaletto!? 
Un po’ come mettere copyright o courtesy alle fotografie! E perché mai?
Non è così? Smentiteci, per favore. Fateci sapere che abbiamo travisato tutto.
Continuo: perché anziché saccheggiare questi “giornaletti” non si è scritto un bel catalogo di intenti reali, sulle attività e la “teoria” che ha portato alla nascita dell’Asilo e del suo futuro sviluppo? 
Perché non un manifesto? Magari sarebbero bastate meno di 400 pagine, e magari a quest’ora ci sarebbe qualcuno disposto ad ascoltare le “nuove idee” che formano il “museo inclusivo”. 
E invece, noi poveracci “contro” il nuovo-libero-inclusivo Macro non solo ci sentiamo ulteriormente canzonati, ma vediamo chiaramente la reiterazione di quel pensiero col quale ci si è riempiti la bocca nelle varie campagne elettorali: via i padroni, potere al popolo, rottamiamo. Viene in mente pure “Roma Ladrona” di tanti anni fa. Cito tutti perché tanto, stando al Macro, tutta l’erba è un fascio: i pro e i contro insieme, gli amici e i “nemici” qui riuniti per celebrare la performance suprema del capo-spedizione.
Un bel gruppone colorato, proprio come all’asilo. Poi, però, si passa alla scuola elementare e come ha scritto Sabrina Vedovotto, si impara l’educazione, e prima di andare a rovistare nei cassetti altrui (qualcuno ha visto sparire qualcosa?) si chiede il permesso. 
Tutti avrebbero detto no alla richiesta di pubblicare i rispettivi pezzi? Sarebbe stato un bel modo per farsi un esame di coscienza. 
Un altro bel modo per tornare sui propri passi, e fare finalmente una bella figura, potrebbe essere quello di ritirare dal commercio questo libro, che altro non sembra che un incidente di percorso nella “vitalità libera” del nuovo ex-Museo d’Arte Contemporanea di Roma.
Per il resto, per quanto mi riguarda, non voglio assolutamente turbare le piacevoli attività dell’Asilo. Inutile abbaiare come forsennati e poi lasciar cadere gli ammonimenti senza prendere provvedimenti. Io, per primo, invito tutti a continuare a giocare. Prima o poi arriverà il momento di crescere. 
Matteo Bergamini

2 Commenti

  1. Capisco che la libertà faccia paura a chi pensa che ci debba essere un regime unico, lo stanco sistema dell’arte ora si trova sotto tiro, già la mitica biennale di Sgarbi aveva intaccato il rigido sistema italiano, ora questa novità populista entra di forza a scombussolare le piccole strategie amicali.

    Tutto molto divertente se si pensa alla marea di intenzioni dell’arte che debba essere aperta, che bisogna andare verso il pubblico, che l’arte non è un luogo per pochi eletti; ora ci provano, per cui tutto sarà da migliorare ma è pur sempre un inizio …

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