26 ottobre 2018

Dentro l’Attico. Fabio Sargentini rievoca le storie dell’arte che attraversarono la galleria

 

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Con “L’Attico dentro l’Attico”, Fabio Sargentini dà un contributo fondamentale alla conoscenza e al ricordo di quello che è stato lo spazio espositivo che ha fatto la storia dell’arte negli anni ‘70. L’Attico di via Beccaria 22, a Roma, era un ampio garage che aveva ereditato il nome dalla galleria fondata dal padre di Fabio, Bruno Sargentini, in piazza di Spagna 20. L’Attico è anche l’attuale galleria in via del Paradiso 41, dove Sargentini si è trasferito nel 1972 e che, oggi, ospita questa mostra, visitabile fino al 4 gennaio. 
Il gallerista ha voluto far rivivere al visitatore di oggi le sensazioni e le emozioni che provavano coloro che frequentavano via Beccaria in quegli anni culturalmente molto più vivaci degli attuali. Installando undici gigantografie poste a filo del pavimento reale, montate su telai autoportanti, il garage rivive nell’attuale galleria. L’ingresso è, per esempio, la saracinesca alzata per fare entrare il primo dei dodici cavalli di Jannis Kounellis, per la mostra che lo stesso Sargentini ha definito «la più celebre del ‘900 in una galleria privata». Gli altri pannelli fotografici rivestono l’intera galleria come delle quinte teatrali. Il visitatore è accompagnato da un sottofondo di suoni: il rumore degli zoccoli dei cavalli nella sala di Kounellis, il ruggito del leone nello Zodiaco vivente di Gino De Dominicis, la musica minimalista di Phil Glass nella sala da lui condivisa con Trisha Brown, Simone Forti, Steve Paxton e Joan Jonas, figure cardine della modern dance. E, infine, davanti al garage allagato con 50mila litri d’acqua, che nel 1976 segnò la chiusura definitiva di questo spazio, si percepisce il suono che fa l’onda a riva, col mare calmo. 
Per il gallerista, questa mostra è l’occasione di rivivere con grande intensità, anche fisica, la presenza dei suoi amici artisti oggi scomparsi, con cui ha condiviso quegli anni irripetibili. Così scrive, nella presentazione della mostra: «Ed ecco ritrovarmi sull’uscio del garage con Jannis Kounellis che fuma nervosamente nell’ombra, consci entrambi del passo rischioso e ineludibile che stiamo compiendo. In un’altra sala, Gino De Dominicis, invisibile per antonomasia ma non a me che l’ho visto nascere, mi strizza l’occhio e impenitente corteggia la Vergine. E poi c’è Claudio Abate che fa capolino dappertutto, visto che le immagini fotografiche le ha scattate quasi tutte lui, da me eletto ancora giovanissimo a primo e unico fotografo della galleria (soltanto quello dell’allagamento è uno scatto di Alessandro Figurelli)». 
Queste testimonianze uniche, ci fanno rivivere in prima persona una delle stagioni artistiche più felici della nostra arte contemporanea e di questo non possiamo che essere grati al grande gallerista romano. (Pierluigi Sacconi)

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