09 marzo 2019

Dal mare di Soverato, in Calabria, emergono reperti archeologici. Ma solo per poco

 

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Che il passato fosse “una divinità che quando è presente salva tutto ciò che esiste” lo sosteneva secoli fa Platone. E chissà cosa penserebbe oggi il nostro filosofo a vedere riaffiorare dal mare questi tesori archeologici nascosti. Siamo in località San Nicola, nei pressi dell’area Paliporto vicino a Soverato in Calabria. Quello che succede qui, già ben indagato e documentato dal Gruppo Archeologico Paolo Orsi del posto, è frequente dopo ogni violenta mareggiata. 
Anche questa volta, infatti, di nuovo dopo una decina di anni, in seguito all’ultima mareggiata, si vedono riemergere consistenti resti di una cava di macine di età tardo antica. La vista è sensazionale, soprattutto considerando che rovine come queste tornino alla luce con queste modalità, non inusuale a questa altezza geografica. Come fu già per la lussuosa Sibari: durante l’alluvione del 2013 la celebre colonia achea vide risalire dal fango frammenti di colonne con tanto di capitelli. Andando cosi ad arricchire la conoscenza della città antica. 
Da queste parti quindi spesso è in modo accidentale che un glorioso passato torna a farsi vivo, piuttosto per puro caso o per la violenza della natura che non invece per un’azione sistematica di studio del territorio che ne tuteli le tracce del passato. Ma le eccezioni non mancano e l’area di cui parliamo pur se interessata da costruzioni di stabilimenti balneari, è sottoposta a vincolo archeologico. 
C’è da sottolineare però, checché si pensi per stereotipi, che la mancanza di un’adeguata manutenzione e l’incuria ha solo metà delle colpe, perché, e lo sostiene anche Fabrizio Mollo nella sua “Guida archeologica della Calabria antica” del 2018, questa terra del Sud, “per la sua costituzione geologica di formazione recente e per i suoi caratteri morfologici di zona instabile, è tra le regioni con maggiori fenomeni di dissesto”, e in particolare qui, al di sotto dello stretto anello che strangola la regione all’altezza dell’istmo di Catanzaro. A San Nicola, infatti la delicatezza del terreno, il vento con la forza del mare ha scavato talmente a fondo da lasciare venire di nuovo alla luce decine di forme di macine, ma anche tutto il basamento, la piattaforma rocciosa da cui venivano estratti blocchi e macine, alcune ancora presenti in situ, altre rimosse o addirittura risucchiate e visibili nei fondali marini. 
Lo spettacolo è tanto più eccezionale se si considera che sarà visibile per pochissimo tempo, cioè fino a quando il mare non lo inghiottirà di nuovo o finché la sabbia bianca e cristallina di questa costa non lo ricoprirà, chiudendolo negli scantinati della memoria. (Anna de Fazio Siciliano)

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