09 aprile 2019

Milano Design Week/4. Alla Triennale, l’architettura dell’Antropocene, vista dall’Artico

 

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Alla XXII Triennale di Milano, da marzo a settembre 2019, la Lituania, alla sua terza partecipazione, sceglie di presentarsi con l’opera dell’artista visiva Emilija Škarnulytė, Manifold. La videoinstallazione, che sarà in esposizione dal 5 aprile al 30 maggio, insieme agli eventi che la affiancheranno – film, conversazioni e letture – si pone in perfetta linea con il tema che la curatrice Paola Antonelli ha scelto per questa Triennale, dal titolo “Broken Nature: Design Takes on Human Survival”. Attraverso un percorso caleidoscopico, infatti, sullo sfondo dei paesaggi della Guerra Fredda, il lavoro di Škarnulytė vuole invitare gli spettatori a riflettere sul rapporto, ormai incrinato, che l’uomo ha con l’ambiente che lo circonda, non tralasciando le considerazioni ecologiche, filosofiche, tecnologiche e politiche che ne conseguono.
L’istallazione è composta di varie opere video, come per esempio Sirenomelia, in cui la stessa artista si tuffa nelle acque dell’Artico nella zona delle basi militari della NATO, i cui fondali sono pieni di relitti del dopoguerra, o Mirror Matter, che indaga la scienza contemporanea a partire dagli studi sui neutrini e sulle nanoparticelle, svolti rispettivamente in un Osservatorio Giapponese e al CERN.
I lavori di Emilija Škarnulytė, formatasi all’Accademia delle Belle Arti di Brera e poi alla Tromsø Academy of Contemporary Art, tengono da sempre in grande considerazione l’archeologia dell’Antropocene, risultando in qualche modo ipnotici e carichi di un’ansia che deriva dall’incontro con qualcosa che è più grande di noi, dal momento che mostrano le urgenze di un pianeta in preda a uno sviluppo così rapido che quasi lo fa scivolare nel suo disfacimento.
Presente alla Biennale di Venezia nel 2016, l’artista ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali e vinto molti premi, ultimo dei quali il Future Generation Art Prize 2019, della Victor Pinchuk Foundation. La commissione, presieduta da Pablo Leòn de la Barra, ha motivato la sua scelta con queste parole: «Il suo uso del video si espande in un’esperienza multidimensionale, sottesa a dare voce a molte delle grandi tematiche affrontate dall’umanità e spesso taciute. Senza essere esplicitamente didattica, l’opera rimane aperta e poetica, pur sollevando questioni fondamentali riguardo a chi siamo, da dove proveniamo e dove potremmo ritrovarci». (Lucrezia Cirri)

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