16 maggio 2019

Cinema

 
Avengers Endgame. Un film generazionale che parla di sconfitta, paura e responsabilità
di Mario Coppola

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Nell’immensa sala piena dove sta per cominciare Avengers Endgame si respira un’atmosfera strana, avvinta ma leggera, divertente eppure terribilmente seria. Passano pochi minuti e, al primo cambio di scena, qualcuno applaude: non è successo niente di particolare, una piccola introduzione ma in un attimo applaudiamo tutti. È un fenomeno che si ripeterà un’altra dozzina di volte durante il film, una cosa a cui non mi era mai capitato di assistere né di partecipare.
In sala tutti millennials, dagli ultratrentenni ai quindicenni (adulti pochissimi, forse nessuno), ed è diverso rispetto a un qualsiasi altro film di fantasia o di avventura: questa storia, questi personaggi – i loro destini – per qualche ragione sono più importanti. Si tratta delle vicende di un gruppo di eroi scapestrati, messi insieme a fatica, che ne hanno viste di tutti i colori, che hanno litigato tra loro fin quasi ad ammazzarsi. A differenza di altri supereroi in circolazione, ciascuno di questi ha un passato ambiguo, qualcuno è stato persino malvagio e, nel presente del film, nessuno degli Avengers è immune al dolore, alla rabbia e alla paura di non farcela. 
A questa paura è dedicata l’intera prima parte di Endgame: una parte lenta, al punto da non sembrare l’introduzione di una guerra sci-fi ma un film che parla di sentimenti maturi, di relazioni umane profonde. Temi seri affrontati in maniera dissacrante, divertente, mettendo continuamente in ridicolo gli stessi supereroi. È una modalità a cui Marvel ci ha abituati fin dal primo Iron Man, che acquisisce una forza inedita: qui non si ride di difetti caratteriali e piccole disdette ma del fallimento, della catastrofe e della possibilità di non uscirne. 
Probabilmente è questo passaggio a tracciare un legame viscerale con gli spettatori della mia generazione, come se in questo aver perso – e nel doverne affrontare le conseguenze – ci fosse buona parte della nostra condizione, del nostro sentirci in bilico tra un passato glorioso, ormai esaurito, e un futuro durissimo.
Nel capitolo precedente, Thanos, il supercattivo dell’intera serie, era riuscito a eliminare il 50% di tutte le creature viventi dell’universo, vincendo la battaglia contro i nostri beniamini. Eppure, anziché concentrarsi subito sulla battaglia finale, la prima trovata rivoluzionaria del film è mostrare fino in fondo le conseguenze di questo lutto, facendoci vedere cosa è capitato ai nostri eroi preferiti dopo aver perso.
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AVENGERS ENDGAME
Ciascuno degli Avengers ha pagato un prezzo altissimo per la sconfitta ma, più importante ancora, il film ci mostra che per uscire dalla situazione in cui si trovano non è possibile percorrere strade già battute né imboccare scorciatoie, non è possibile ricorrere alla violenza e, soprattutto, non è possibile restare se stessi.
Endgame parla per la prima volta nella storia del cinema di massa (quello che arriva a guadagnare 1.2 miliardi di dollari in pochi giorni) della necessità – questa sì, ineluttabile – di perdere qualcosa in maniera definitiva, irreversibile. Perdere qualcosa, certo, ma anche rinunciarvi, lasciarla andare, arrendersi alla realtà che, come ci ricorda Greta Thunberg, esige un prezzo pieno per essere cambiata sul serio.
Certo, accanto a questo tema ce ne sono infiniti altri, a cominciare dalla rappresentazione di un mondo libero, che sa amare e ridere, un mondo arcobaleno, dove umani di ogni sesso e colore combattono insieme a ogni altro genere di creatura possibile e immaginabile – un procione cyborg parlante, per dirne una – contro il male dell’ideologia, la mostruosità della violenza che si dice a fin di bene.
Ma il fulcro del film, ciò che lo rende davvero poderoso, è il prezzo di cui parlavamo, presente in ogni sequenza, in ogni dettaglio: è la rinuncia ai combattimenti gratuiti, alla sicurezza, alla forza e persino alla bellezza dei protagonisti. È la rinuncia alla velocità dell’azione che lascia il posto alla lentezza del racconto, è la maturità degli eroi che non spaccano più macchine e palazzi per divertirci ma che avanzano, incerti, su un terreno nuovo, dove la prova più dura potrebbe essere abbracciare il proprio padre.
Insomma, per battere Thanos e uscire dalla crisi c’è una sola strada, tanto inedita quanto ardua: bisogna essere disposti a tutto, persino a crescere. E per farlo è necessario uscire da noi stessi, abdicare, cedere quello che consideriamo più prezioso, come c’insegna Tony. Perché questo potrebbe essere l’unico modo di guadagnarci un finale diverso.
Mario Coppola

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