29 maggio 2019

Giovani artisti in un albergo a Venezia. Il progetto di YAG/Garage raccontato dai protagonisti

 

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Sei artisti e sei camere d’albergo. Questa è la sfida che la pescarese YAG/garage affronta presso l’Isola di San Servolo, in concomitanza con la Biennale di Venezia. In “Young Artist In The Hotel”, sei artisti della scuderia D’Alberto – Dario Agati, Martina Cioffi, Daniele Di Girolamo, Matteo Messori, Marco Smacchia e Manuel Tatasciore – si cimentano con camere dal design esclusivo tentando, con le loro creazioni, di stravolgere la quotidianità di ambienti considerati di passaggio, eppure così intimi. Il curatore Ivan D’Alberto ci ha illustrato il progetto, mentre gli artisti hanno raccontato il loro approccio al lavoro. 
Com’è nata l’idea di esporre le opere d’arte all’interno di sei camere d’albergo? 
I. D’Alberto: «Nel 2002 la IX edizione di Fuori Uso viene realizzata vicino la stazione centrale di Pescara, in un hotel dismesso dedicato in origine ai ferrovieri. Il “Ferrotel”, per molti anni abbandonato, offriva un riparo clandestino a persone senza fissa dimora che nell’inadeguatezza trovavano un tetto. Un luogo che non smetteva di ospitare passaggi veloci, transiti furtivi, stratificazioni identitarie e differenziate. All’epoca i curatori, tenendo presente l’identità del luogo, selezionarono gli artisti che per caratteristiche linguistiche e tematiche svilupparono ricerche dove il valore dell’identità e dello spazio si compenetravano. Per San Servolo ho voluto seguire lo stesso esempio, tenendo conto che le camere d’albergo in cui espongono gli artisti della YAG/garage in passato ospitarono i pazienti di un manicomio femminile. Ho creduto che chiedere agli artisti d’interpretare con il loro lavoro la storia e lo spazio poteva essere un’occasione davvero interessante». 
Una delle cose di cui si è più curiosi in vacanza è il luogo di soggiorno. Per molti le camere d’albergo sono oggetto di grandi aspettative, per altri sono solo un luogo in cui pernottare. Che tipo di reazione vorreste scaturire? 
D. Di Girolamo: «Per quanto ogni fruizione sia unica e personale, il tipo di reazione che spero di suscitare è una sorta di intimità con l’opera, un’intimità frutto di una relazione silenziosa e costante. Vorrei che il lavoro diventasse una presenza, un altro ospite della stanza». 
M. Cioffi: «A differenza di un codice di programmazione, l’arte non determina mai reazioni univoche ma si concretizza in un rapporto personale e intimo con il fruitore. In questo senso credo che esporre in una camera da letto, in quel “guscio iniziale” come direbbe Bachelard, sia un esperimento piacevole e insolito». 
In occasione della Biennale di Architettura del 2018, la San Servolo Service promosse il restyling di sei camere d’albergo a opera di noti brand del design. Quanto ha influito sulla creazione delle opere o sulla loro selezione? Non avete paura di declassare l’arte pura ad arte da intrattenimento? 
M. Messori: «Le opere che ho creato per l’occasione assumono il ruolo di ospiti di un luogo ricco di storia, rinnovato e accessibile a un pubblico ampio. Ciò che mi ha motivato è stato l’interfacciarmi con una realtà carica di suggestioni passate, che evocano tutti quei sentimenti una volta appartenuti all’isola. L’arte si declassa a seconda del valore che le viene attribuito, che sia di intrattenimento o di critica, e acquisisce a seconda di chi la realizza una forza e un’energia diversa. Al di là di qualsiasi ornamento esterno, l’arte può prestarsi ad ambienti estranei con l’unico scopo di riqualificarli, non dovrebbe mai succedere il contrario». 
Le opere sono state eseguite appositamente per questo progetto oppure selezionate dal vostro portfolio perché calzanti al progetto? 
D. Agati: «Ho deciso di realizzare Assenzio 1/2/3 sapendo che le opere sarebbero state esposte in un bar e in una stanza d’albergo. L’opera è un invito a guardare altrove». 
Il curatore Ivan D’Alberto ha scelto le vostre creazioni per promuovere un’arte giovane al di fuori dei confini regionali. Esporre a Venezia in concomitanza con la Biennale è un traguardo per ogni artista. Qual è stato il vostro approccio? 
M. Tatasciore: «Ivan e YAG/garage ci hanno dato una grande opportunità. Grazie a loro, giovani artisti come noi hanno avuto l’occasione di esporre in contesti davvero interessanti. Ciò sta avendo un’influenza molto positiva sulla mia opera, non tanto sull’approccio in sé, quanto sull’espressione fisica della mia ricerca». 
M. Cioffi: «Il mio approccio è progettuale, sapevo cosa volevo esprimere. Per dare forma alla mia idea ho reinterpretato un antico motivo ornamentale che si può osservare sulle facciate di molti edifici italiani e l’ho portato in un interno. Sotto questo disegno ci sono altri livelli di carta colorata che ho forato in vari punti. Dal negativo dei fori ho ricavato dei “coriandoli” che danno il titolo all’opera. Infilzati su spilli, questi emergono dalla superficie invadendo lo spazio come nella loro natura carnevalesca, eppure intrappolati come le farfalle di un collezionista». 
Che peso ha avuto l’esperienza presso YAG/garage di Pescara nella vostra crescita artistica e personale? E quali sono i vostri progetti futuri? 
M. Smacchia: «Incontrare persone che sostengono il tuo lavoro è sempre un piacere, uno stimolo a proseguire la ricerca. Il mio fare arte ammette anche l’ipotesi di smettere di farla. Si tratta di una tensione utilissima alla ricerca dei perché, che l’esperienza e l’incontro con YAG ha fortemente alimentato». 
M. Messori: «L’esperienza alla YAG/garage è stata tra le più importanti per la mia ricerca. Le opere che ho realizzato per questa occasione sono parte di una lunga serie di esecuzioni che continuo a portare avanti e cerco di raffinare. I miei impegni futuri approfondiranno la fisiologia della forma umana come elemento ricettivo di un’epoca in cui la crescita collettiva rischia di diventare un ricordo. Un malessere che ho trasposto da una dimensione micro a una macro, da riflessioni personali a collettive riflettendo il disagio contemporaneo e gli errori, che siano etici o politici, dell’uomo». (Giulia Fonzi)

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