01 giugno 2019

Quel contemporaneo dove si cade. Kinkaleri porta OTTO a Palazzo delle Esposizioni di Roma

 

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Il 30, 31 maggio e 2 giugno, a Palazzo delle Esposizioni, Kinkaleri, dopo 15 anni, «riprende e riporta in scena un lavoro nella necessità di capire cosa ci sia ancora di vero in uno spettacolo che navigava nel vuoto, facendo del crollo l’emblema di una nuova era. <OTTO> non ritorna come ogni repertorio che abbia un motivo per resistere al tempo, <OTTO> è qui per domandare ancora». 
Cosa c’è di vero dopo 15 anni? Tutto. Anzi, ancora di più. 
Se, 15 anni fa, <OTTO> poteva apparire visionario, una presa di posizione assolutamente personale, anche se per Kinkaleri si parla di una personalità multipla e “in bilico”, sul mondo e sulla difficoltà di portare in scena un avvenimento, oggi il lavoro mostra tutta la sua attualità politica e artistica. Un lavoro che sembra un perfetto contrappunto al mondo che ci circonda. Come reagire a tutto ciò che sta capitando? «<OTTO> è un vuoto, ora, una sospensione del mondo, evitare di guardare, conosco già tutto, siamo al massimo valore della rappresentazione crudele del mondo che si offre alla rappresentazione indecente di sé». 
<OTTO>, che ha debuttato il 16 gennaio 2003, quando vinse il premio UBU nel 2002, era ancora in fase di studio e, di volta in volta, sperimentava modalità di rappresentazione di un singolo avvenimento: “la caduta”. Forme di esplorazione delle potenzialità della scena, a Parigi, in una delle fasi sperimentali, Kinkaleri chiesero ad altre persone di cadere al posto loro: nasceva West, recentemente riproposto alla Fondazione Merz di Torino. 
Questa nuova attenzione al lavoro di Kinkaleri rivela il loro contributo alla “scena” contemporanea, indagando limiti e dilatazioni della narrazione. Incentrato sull’atto di cadere, su una scena dove le cose accadono senza un’evidente correlazione, dove la scena si configura attraverso la deposizione di oggetti, che, con la loro presenza, determinano le scene successive, <OTTO> è un vero tour de force per chi sta sulla scena. I tre giovani perfomers Filippo Baglioni, Chiara Bertuccelli, Andrea Sassoli, hanno fatto proprie le modalità e i tempi per catturare costantemente la nostra attenzione, il nostro smarrimento nel rincorrere i segni e i loro alibi semantici. (Maria Antonia Rinaldi)

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