31 ottobre 2005

fiere_resoconti FIAC 2005

 
Dopo una lunga crisi, che è poi stata la crisi di Parigi nei primi anni Duemila, la FIAC comincia a risollevarsi. Più dinamismo, più spazio ai giovani, più attenzione alle esigenze del mercato. E l’Italia? Resta ancora una mosca bianca...

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Nell’affettato e incestuoso mercato dell’arte contemporanea, le voci di corridoio valgono più delle dichiarazioni ufficiali. In questi giorni si è sentito ripetere con insistenza che la FIAC –da qualche anno una manifestazione in sordina– sta cambiando. Sarà vero? Diamo un’occhiata ai numeri, tra le cose che più contano in una fiera: 220 gallerie (214 nel 2004) provenienti da 26 paesi diversi; un quarto di nuove presenze (soprattutto dagli Stati Uniti); 115 quelle straniere, 105 quelle francesi.
La sezione di gallerie storiche si distingue per qualche monografica, tra cui quella –attualissima– di Simon Hantäi o l’ultimo Baselitz. Da ricordare almeno Erwin Wurm (il recentissimo ciclo di quadri interattivi è tra le cose migliori della Biennale di Lyon) e le stampe di Gabriel Orozco sulla polvere, che riscattano le discutibili tele presentate a Venezia. La seconda Hall ospita invece Futur Quake e Perspectives, organizzata dall’Espace Paul Ricard –una delle realtà più attive nel campo della giovane creatività francese–, dedicato alle gallerie con meno di tre anni di vita che vendono opere non più costose di 5000 euro: una limitazione, quest’ultima, che ha lasciato qualcuno scontento. Per finire, una ristretta sezione di design, tra cui va segnalata la monografica su Gino Marotta della Galerie Italienne, che ha recentemente aperto un nuovo spazio.
Almeno due le novità importanti. Il Centre national des arts plastiques, emanazione del Ministero della cultura francese, ha stanziato quest’anno un budget di 400.000 euro per l’acquisto di opere durante la fiera, destinate alla collezione pubblica.
Alex McQuilkin, Test Run, 2004 - courtesy Alex McQuilkin
Impossibile acquisire il progetto dello svizzero Raphaël Julliard: mille monocromi rossi inspirati alla Cina, venduti a prezzo stracciato ed esposti nello stand di Art & Public come in un qualsiasi punto Ikea. Altra novità, la proclamazione durante la fiera del vincitore del Premio Marcel Duchamp, corrispettivo francese dell’inglese < i <TURNER i Prize. Per l’occasione ognuno dei quattro finalisti ha installato un’opera originale. E’ stato Claude Closky, battendo Kader Attia, Gilles Barbier e Olivier Blanckart, ad aggiudicarsi il prestigioso premio: il finanziamento di una personale al Centre Pompidou.
Non tutte le novità suscitano lo stesso entusiasmo. Come accade da tempo alla sorella maggiore Basilea, quest’anno anche alla FIAC sono state predisposte visite speciali per i collezionisti più onerosi e agorafobici: mercoledì mattina, quando nessuno aveva ancora valicato l’ingresso, e sabato mattina per gli ultimi acquisti. Chissà se Monsieur Pinault e Monsieur Arnault si sono incontrati nel corso di questo pre-vernissage esclusivo, con il badge “Invité d’honneur” sulla giacca a mò di coccarda.
Soddisfacente il livello delle attività esterne: la festa inaugurale ma soprattutto le proiezioni video al Grand Palais, sede storica della fiera, da tempo in disuso, riaperto per l’occasione e sicuro pendant delle prossime edizioni. E ancora: l’inaugurazione dell’immensa retrospettiva Dada e della mostra di Jeppe Hein al nuovo spazio 315 al Pompidou; quella su Robert Malaval al Palais de Tokyo, artista sfuggevole e trasversale, in bilico tra reminiscenze pop e inclinazioni concettuali; una collettiva di giovani fotografi, nonché Michel Rovner al Jeu de Paume, il cui lavoro mantiene la stessa forza dell’indimenticato Padiglione israeliano della biennale veneziana del 2003.
Un
Generosa infine la presenza italiana, come al solito, per quanto quest’anno Belgio e Stati Uniti abbiano avuto quantitativamente la meglio. Due le new entry tra le gallerie, entrambe di Milano: Cardi & Co e Monica De Cardenas, mentre tra i grossi nomi Continua, Nicola Fornello, Christian Stein. Per il resto poche nuove: chili di arte povera e transavanguardia fino alla nausea, una retrospettiva su Mimmo Rotella, il solito Valerio Adami, una parete intera per Marco Tirelli, qualche Massimo Vitali. Gli organizzatori della FIAC non esitano a parlare, per questa edizione, di “touche française”; la “touche italienne” sembra invece consegnata alla storia, o forse è ancora tutto da inventare.

riccardo venturi


FIAC – 6-12 ottobre 2005
Parigi, Paris Expo – Porte de Versailles
info: www.fiacparis.com


[exibart]

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