19 gennaio 2016

I baci di Hayez, tra i mistici e la storia

 
Dopo oltre cent'anni il pittore romantico torna protagonista indiscusso di Milano. Con una grande mostra che ne ripercorre temi e soggetti, svelandone l'attualità

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La si attendeva da tempo questa importante retrospettiva sul celebre pittore Francesco Hayez ed eccola qui: fino al 21 febbraio 2016 sarà visitabile presso le bellissime Gallerie d’Italia di Piazza della Scala a Milano. La mostra, a cura di Fernando Mazzocca, è nata grazie alla collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Milano, la Pinacoteca di Brera e le Gallerie dell’Accademia di Venezia e si classifica come la più importante e vasta monografica realizzata sull’artista dal 1983 – anno in cui viene realizzata una sua personale a Brera – raccogliendo in quest’ultima occasione oltre 100 opere, comprese quelle appartenenti alla collezione di Fondazione Cariplo. 
«Hayez è morto a 91 anni, ha attraversato praticamente un secolo di pittura – spiega il curatore Mazzocca – ha assistito a molti cambiamenti del gusto, senza mai cedere nell’impareggiabile stile, bensì affinando ispirazione e tecnica e cimentandosi nei più diversi generi, sempre con grande successo. […] Ancora oggi è attuale perché non è mai retorico, neanche nelle grandi tele di ispirazione storica, ma guarda al di là delle convenzioni e della moralità vittoriana del tempo. Il suo “era un linguaggio in cui l’Italia poteva riconoscersi” e lo fece, consacrandolo da subito il cantore della bellezza, dell’amore e dei valori risorgimentali, di sentimenti comunque universali, di cui la sua opera intera è indissolubilmente intrisa». 
Francesco Hayez, Pietro Rossi chiuso dagli Scaligeri nel castello di Pontremoli, 1818-20

Hayez (Venezia 1791 – Milano 1882) dal 1806 si forma presso l’Accademia di Belle Arti e nel 1809 vince un posto per l’alunnato triennale di Roma, dove conoscerà Canova, che si porrà nei suoi confronti come quello che oggi chiameremmo un “tutor”. Nel 1817 torna a Venezia a lavorare all’olio su tela Pietro Rossi chiuso dagli Scaligeri nel castello di Pontremoli, presente in mostra e riconosciuto come il manifesto del Romanticismo storico. Nel 1822 si trasferisce a Milano per fare il supplente presso l’Accademia di Brera, dove inizierà a dipingere guardando alla storia, alla realtà e alla società, in una contaminazione tra classicismo e colorismo veneto. Trascorso un periodo in Austria, dove viene riconosciuto come membro dell’Accademia di Vienna, si dedica alla creazione di soggetti attinti dalla letteratura, come L’ultimo abboccamento di Jacopo Foscari del 1852-54. Ormai in tarda età rimane ancora sulla bocca di tutti, dando vita alla sua opera più famosa: Il bacio, qui proposto in tre varianti, cavalcando l’onda dell’imminente unificazione d’Italia. Nel 1860, dopo essere stato nominato docente tempo prima, diviene preside di Brera. Nel 1882 muore alla veneranda età di 91 anni. 
Hayez, La Maddalena penitente (1825) Civica Galleria d'Arte Moderna, Milano

Varcando l’entrata delle Gallerie d’Italia, al centro della sala, primeggiano diverse statue neoclassiche di vari artisti, tra cui una bellissima Maddalena penitente realizzata tra il 1794-96 dal maestro del nostro protagonista, Antonio Canova, il cui soggetto diverrà particolarmente congeniale per Francesco. Di conseguenza i dipinti di Hayez diverranno utili per lo sviluppo della scultura romantica di Puttinati e di Vela, qui esposti rispettivamente con La bagnante (1846) il primo, e La preghiera del mattino (1840) e Desolazione (1850). 
Il percorso espositivo si sviluppa cronologicamente, lungo dieci sezioni, che analizzano di volta in volta diversi temi. Si comincia con la sezione “Nel segno di Canova. La formazione tra Venezia e Roma”, di cui vanno ricordati il Laocoonte (1812) e L’educazione di Achille (1813) con cui partecipa a dei concorsi artistici. “Nel segno di Raffaello. Gli affreschi a Palazzo Ducale”, invece, riporta le lunette da lui affrescate per il Palazzo veneziano, che allora ospitava la Camera di commercio, tra il 1818 e il 1820, in cui si può notare la lezione appresa dalle opere di Raffaello osservate nella Capitale negli anni della sua formazione, senza scordare l’influenza del colore vivido di Tiziano e la sensualità dei nudi di Canova. 
Hayez, L'ultimo bacio di Romeo e Giulietta (1823)

Nell’area “La rivoluzione romantica. Giulietta e Romeo” notiamo la trasformazione dei soggetti rappresentati da quelli mitologici a quelli storici – affrontati più avanti – a quelli letterari, come le grandi tele del 1833 de Gli sponsali di Giulietta e L’ultimo bacio dato da Giulietta a Romeo; quest’ultima opera causò non poco scandalo per via dell’eccessivo realismo della donna raffigurata con delle pantofole, a cui si era ispirato ritraendo l’amante Carolina Zucchi. A questa sezione si ricollega quella intitolata “Sacro e profano. La Maddalena”, dove si possono fare dei confronti tra la statua canoviana incontrata nell’atrio e l’olio su tela Santa Maria Maddalena penitente nel deserto (1825), in cui il nudo è dipinto a grandezze quasi naturali e La Maddalena penitente (1833), usualmente visibile a Brera. Segue “La pittura civile. Maria Stuarda e le crociate” consistente in monumentali e affollatissime tele di rara maestria, in cui torna in auge il tema religioso in sintonia con la riappropriazione di certi valori cristiani durante la Restaurazione, come con Maria Stuarda nel momento che sale al patibolo (1827). 
Francesco Hayez, I due Foscari (1842), Galleria d'Arte Moderna, Firenze

In “Fortuna e seduzione del ritratto” notiamo la grande capacità di Hayez nel ritrarre, poiché riesce ad allontanarsi dagli impassibili lineamenti neoclassici per conferire verità psicologica al volto; nei suoi autoritratti, appare privo di qualsiasi retorica, come in Autoritratto in un gruppo di amici (1827) dove lo si vede spontaneo, con gli occhiali e il cappello o in Un leone e una tigre entro una gabbia con il ritratto del pittore (1831), dove guarda il fruitore, ponendosi accanto a una gabbia allo zoo. Nella sezione “La lotta per la libertà e la tragedia del potere” vediamo il capolavoro della pittura storica dell’artista: I profughi di Parga (1826-31) – dalla sconvolgente attualità – che riporta un evento di cronaca del tempo, in un periodo in cui gli italiani simpatizzavano con i popoli oppressi, sentendosi come tali. Con “L’Oriente biblico e il mito decadente di Venezia”, invece, si affrontano due grandi topos artistici: il gusto per l’esotico, che vediamo in alcune figure bibliche come Sansone, atterrato un giovane leone, medita di farlo in brani, provando così il dono della sua prodigiosa forza (1842), e la vita dissoluta della Laguna, i cui splendidi esempi sono Accusa segreta (1847-48) e Il consiglio alla vendetta (1851). Subito dopo vediamo la parte dedicata a “Manzoni e i destini d’Italia. Un mito risorgimentale: I vespri siciliani”, dove vediamo il famoso Ritratto di Alessandro Manzoni (1841), ripreso in un atteggiamento poco ufficioso (con una tabacchiera in mano) e, infine, la raffigurazione degli eventi storici de I vespri siciliani (1844-46), che una decina di anni più tardi diverranno soggetto dell’opera di Verdi. 
Hayez, I vespri siciliani, Scena 3 (1846) Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma

Proseguendo la visita, si giunge a “La forza del destino: la meditazione e il bacio” dove si può ammirare sia la figura allegorica della malinconia – simbolo di un’Italia vinta e del male di vivere contemporaneo – rappresentata in Malinconia (1840-41) e Un pensiero malinconico (1842), sia le tre versioni del bacio: il più celebre e conservato a Brera è Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV (1859, foto in home page), Il bacio (1861) nella versione dell’abito bianco e Il bacio (1867) con la variante del velo sulle scale, esposto all’Esposizione universale di Parigi. Hayez trova un modo assolutamente nuovo di manifestare l’alleanza tra Italia e Francia, unione che aveva permesso la nostra unificazione nazionale. Infine, si giunge a “Il crepuscolo della storia” in cui nel suo periodo più maturo realizza tra i tanti: Il martirio di San Bartolomeo (1856) per la chiesa di Castenedolo (Brescia), inviato sempre all’Esposizione universale del ’67 e Gli ultimi momenti del doge Marin Faliero sulla scala detta del piombo (1867) in cui si ritrae nei panni del doge, creando un teatrale effetto scenico sulle scale di Palazzo Ducale, lasciando così il segno della sua creatività fino all’ultimo. 
Micol Balaban 

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