Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Era malato di tempo, ma era riuscito a sconfiggere anche il cancro, ieri però, a Città del Messico, Gabriel Garcia Marquez, 87 anni compiuti lo scorso 6 marzo, per tutti l’autore di Cent’anni di solitudine o più semplicemente “Gabo”, se ne è andato. Autore lirico e grandissimo nella creazione di personaggi, indimenticabile Aureliano Buendia, come delle situazioni – Macondo, il villaggio da cui prende il via il groviglio di eventi di Cent’anni di solitudine, è diventato un luogo dello spirito e dell’immaginario – è stato amato trasversalmente, a destra e sinistra, amanti della letteratura sudamericana (che molti hanno scoperto con lui) e da detrattori della stessa.
Nel 1982 conquista il Nobel per la letteratura, mentre continua a vendere milioni di copie dei suoi libri tradotti in tutto il mondo (oggi sono a quota 20 milioni). Gabo è stato grande anche nel suo impegno civile, amico di Fidel Castro e degli ultimi della terra. Ma è stato soprattutto ineguagliabile nella visionarietà delle sue storie, nella capacità di narrare e narrare ancora, senza sosta e senza stanchezza. Inventando mondi e modi di dire: quanti titoli di giornali sono stati fatti sulla falsariga del suo L’amore ai tempi del colera? E facendo scoprire un mondo, quello vero del Sudamerica, dandogli dignità culturale.
Ci piace ricordarlo così, con quella leggerezza e umiltà propria dei grandi e l’intensità di uno sguardo che non ti molla. Ciao Gabo; che il viaggio ti sia lieve.