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È in una stanza di Palazzo Venezia – sostiene Michele Di Monte, curatore della mostra appena aperta a Palazzo Barberini – che restano le pochissime tracce del passaggio di Andrea Mantegna a Roma. Le altre, al Belvedere, colpa di una ristrutturazione settecentesca, sono completamente risucchiate dalla nuova decorazione. Ecco perché – e non è l’unica ragione – l’esposizione romana costituisce un altro tassello importante per il processo di ricostruzione della carriera dell’artista, oltreché un’occasione per osservare da vicino la pittura chiaroscurale di uno dei maestri del Rinascimento italiano.
Anche i raffronti con la pittura veneta di Cima da Conegliano (Madonna con Bambino) e con lo Schiavone (Ritratto d’uomo, su pergamena) sono notevoli, perché sintetizzano le ricerche del maestro, allievo anch’egli dello Squarcione. Molti i rimandi interni con Giovanni Bellini, inevitabili per via dello stretto contatto tra i due, Mantegna ne aveva infatti sposato la sorella.
La mostra “La stanza di Mantegna” propone sei prestiti eccezionali, provenienti dal Musee Jacquemart-Andre di Parigi e mai esposti a Roma. È il caso dell’Ecce Homo, chiara sintesi delle esigenze di pittura devozionali dell’epoca che, per Mantegna, diventa un esercizio di stile e tensione. È un capolavoro anche per la ricchezza di toni e sottotonalità grazie ai quali Mantegna innova il linguaggio pittorico con l’inserimento per esempio, dei cartigli, che riportano le parole di scribi e farisei, questi rappresentati sdentati e che chiedono apertamente la crocifissione di Gesù. Attribuita al Maestro, l’altra tavola del 1445 circa, la Madonna con Bambino e i santi Gerolamo e Ludovico da Tolosa, in cui la presenza dei cartigli evidenzia il suo gusto per l’antico, oltreché la cultura antiquariale e l’uso attento della prospettiva. Tutti caratteri, questi, suoi specifici.
In un’altra stanza del Palazzo delle Api, sempre indirizzata a una ricerca di dialogo con la collezione permanente, c’è un’altra esposizione con due Maestà con la Vergine e il Bambino che nella loro raffinatezza trecentesca si accompagnano alla Madonna romana di Palazzo Venezia. Provenienti da Houston, precisamente dalla collezione Straus, rappresentano un ulteriore omaggio alla pittura italiana che arricchisce ulteriormente le sale dei Barberini, per questa nuova stagione. (Anna De Fazio Siciliano)