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Sui campi e sulle strade
silenziosa e lieve
volteggiando, la neve
cade.
Danza la falda bianca
Nell’ampio ciel scherzosa
Poi sul terren si posa
Stanca… – Ada Negri, Nevicata
Un percorso breve, ma dai tratti suggestivi che, nonostante il tema, riesce a scaldare nel profondo, quello della piccola mostra “ANIMA BIANCA. La neve da De Nittis a Morbelli” in GAMManzoni, curata da Francesco Luigi Maspes e Enzo Savoia, con un contributo critico di Elisabetta Chiodini. Lo spazio privato espone 25 tele di artisti esclusivamente italiani rappresentanti un tema specifico: la neve.
Nell’osservarla, nel suo cadere elegante e nel suo invadere silenziosamente gli spazi, sembra quasi possedere una propria anima. Un’anima bianca per l’appunto. Dal fascino arcaico e indiscutibile, la realizzazione pittorica di questo elemento viene affrontata in maniera differente dagli artisti del XIX secolo qui presenti in mostra, tra cui spiccano alcuni grandi nomi come Giovanni Segantini, Giuseppe De Nittis e Angelo Morbelli. Il percorso espositivo è suddiviso in aree tematiche. La prima – La neve dal paesaggio rurale alla grande città – pone l’accento sulle visioni urbane, dalla tela Pescarenico sotto la neve (1863) di Gerolamo Induno alla Nevicata sui Navigli (1879-1881) di un giovane Giovanni Segantini. Non dimentichiamo il bel dipinto di Giuseppe De Nittis La lezione di pattinaggio (1875), dal taglio prospettico molto moderno, è realizzato en plein air in un gelido inverno parigino, dove l’artista cerca di cogliere – sulle orme degli impressionisti – gli effetti del ghiaccio e del bianco, a cui si dedicò intensamente anche Angelo Morbelli: Nevicata (1912).
La seconda – La neve e il lavoro – dà invece spazio a una pittura di genere, dove chi lavora la terra diviene al contempo figura eroica e romantica (nel senso storico-artistico del termine). In questa sezione troviamo alcuni dettagliatissimi lavori come Zampognari (1882-1883) di Giacomo di Chirico, dove è stata introiettata la lezione di pittura dal vero francese. Con il tema Le cattedrali della terra si torna al puro paesaggio, dove troviamo delle suggestive vedute, come Il ghiacciaio di Cambrena (1897) di Filippo Carcano e Silenzio Invernale (2900-1905) di Achille Tominetti. L’ultima pagina, dai tratti più innovativi e sperimentali, è dedicata a Il simbolo, dove la neve non viene più rappresentata come elemento naturalistico, bensì come soggetto di riflessioni spirituali e mistiche. Qui spicca tra gli altri L’Aquilone (1902-1904) di Carlo Fornara, esposto a Milano per la prima volta dopo oltre un secolo. L’ultimo regalo dell’inverno, in questi giorni di primavera anticipata. (Micol Balaban)