-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- Servizi
- Sezioni
- container colonna1
Pavilion 13: a Kiev, un ex padiglione sovietico diventa spazio d’arte contemporanea
Arte contemporanea
di redazione
Mentre la guerra continua a imperversare in Ucraina, la scena artistica locale continua a generare segni di resistenza culturale: a Kyiv ha riaperto il Pavilion 13, edificio costruito nel 1967 come luogo di esposizione degli sviluppi dell’industria carbonifera sovietica e oggi trasformato in centro per l’arte contemporanea, grazie al lavoro dello studio di architettura ФОРМА – FORMA e al sostegno della piattaforma Ribbon International, tra le più attive in Ucraina in questi ultimi anni.

A inaugurare questo nuovo capitolo, frutto del lavoro coordinato da Iryna Miroshnykova e Oleksii Petrov, co-fondatori del progetto culturale Pavilion of Culture, insieme a Sasha Andrusyk, Lizaveta German, Maria Lanko, Olga Balashova e Victor Glushchenko, è l’installazione Шубін (SHUBIN) di Sam Lewitt, artista statunitense, classe 1981, di base a Berlino, che ha sviluppato il progetto in dialogo con lo spazio e la sua memoria materiale e immaginaria. Il titolo fa riferimento a una figura mitologica del folklore dell’Ucraina orientale, lo Shubin, spirito instabile e ambivalente che abita le miniere, capace di manifestarsi come minatore benevolo o padrone crudele, in un continuo oscillare tra protezione e minaccia. Un simbolo ambiguo che Lewitt utilizza per riflettere sul rapporto tra risorse ed estrazione.

Il padiglione diventa il centro di una narrazione installativa che si dispiega in più livelli. All’ingresso, un’insegna al neon disegnata a mano dall’artista rielabora la tipografia Rublena – uno dei caratteri più diffusi nell’Unione Sovietica – evocando le insegne originarie del 1967. All’esterno, riproduzioni in gesso e acciaio lucidato delle vecchie esposizioni di carbone e ferro stabiliscono un dialogo tra materiali naturali e superfici riflettenti. All’interno, un video in loop conduce lo spettatore in un volo immersivo attraverso l’architettura del padiglione, accompagnato da una colonna sonora densa di suoni industriali e voci che discutono il legame tra carbone, acciaio, neon e semiconduttori: le stesse sostanze alla base della filiera globale dell’informazione digitale.

Il progetto si completa con un programma di incontri e proiezioni, SHUBIN Talks, co-curato da Maria Noschenko e Katia Khimei, che coinvolge artisti, studiosi, ingegneri e minatori in un confronto sui processi estrattivi e sulle loro implicazioni storiche, politiche e culturali.

La riapertura del Padiglione 13 rientra nel più ampio impegno di Ribbon International per il sostegno all’arte in Ucraina, anche e soprattutto in tempo di guerra. L’attivismo della piattaforma potrebbe rappresentare un caso di studio per la diffusione dell’arte in zone di conflitto – una sorta di “diplomazia culturale interna” -, grazie alla capacità di intercettare fondi privati e connettersi a istituzioni internazionali, come la Judd Foundation.
Pochi mesi fa, l’organizzazione ha promosso un potente intervento visivo dell’artista Barbara Kruger sui vagoni dei treni della ferrovia ucraina. Ancora grazie a Ribbon è stato possibile il riallestimento di Untitled (1997) di Jannis Kounellis, in collaborazione con l’Archivio Kounellis di Roma, negli spazi storici dell’Università nazionale – Accademia Mogila di Kyiv, a 28 anni dalla sua prima realizzazione.














