26 agosto 2025

Un libro al giorno. Il design e il suo doppio di Giovanni Innella e Marco Petroni

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Torna la rubrica che presenta romanzi e saggi, ultime pubblicazioni e grandi classici. Non solo arte e storie di artisti, ma anche critica, filosofia, attualità e cultura a 360 gradi. Consigli di lettura dai nostri autori e autrici da mettere in valigia e portare con sé

Il design e il suo doppio
Il design e il suo doppio

Il design e il suo doppio, pubblicazione postmediabooks del maggio 2025, è un volume collettaneo a cura di Giovanni Innella e Marco Petroni che sfida la concezione storica, definizioni e convenzioni del design, suggerendone un’entità “doppia” di smaterializzazione degli oggetti, per mostrarne il potenziale critico, il campo d’azione nel reale: «I prodotti di questa ridefinizione non sono solo oggetti, ma relazioni sociali e produttive». Una lettura fondamentale, visti i temi, protagonisti e concetti chiave, per chiunque voglia comprendere il ruolo del designer nell’oggi, ruolo trasformato e trasformativo nel mondo contemporaneo.

Il design e il suo doppio

Il libro si presenta come un’esplorazione corale che attraversa la produzione e la postura poetica di Giovanni Innella (Torino, 1982), «designer atipico» che fa della sua pratica una modalità esistenziale oltre che operativa, una figura professionale cosmopolita, anche ricercatore e curatore, che integra teoria, pratica e impegno etico, non senza affrontare apertamente le insite incertezze della sua posizione; attorno al suo lavoro da progettista, si è riunita una comunità internazionale di venti autori, ad esplorare la vocazione complessa e in evoluzione della disciplina, il risvolto all’ombra degli oggetti, le implicazioni sociali e la capacità di agire nei contesti.

Quello preso in esame è l’immaginario incarnato, da un certo design, nel nostro quotidiano, una risposta tangibile oltre che mediatica a quanto di ambiguo incombe sulla società globale. Il titolo del libro evoca questa possibilità interpretativa ed esperienziale, richiamando l’opera di Antonin Artaud Il teatro e il suo doppio (1938) a cui Innella si è ispirato, dedicandosi ad affondi nel lato più umano del progetto, studiando e affrontando il presente.

«L’archetipo del doppio è inteso da Innella come sovvertimento, ribaltamento dello status quo, una tensione etica e operativa nell’allargare le possibilità del progetto. Proprio come Artaud, che vedeva nell’arte non una questione editoriale, spettacolare, di rappresentazione, ma qualcosa che deve essere ancora inventato, che deve coinvolgere, sconvolgere, mutare, e trasformare».

Marco Petroni, teorico e critico del design, è il cerimoniere di questa ampia discussione per iscritto, delineando con i suoi numerosi contributi lungo i tre capitoli i fondamenti concettuali che danno coesione agli altri autorevoli saggi, scambi e interviste presenti nella pubblicazione. Ne emerge una visione critica e transdisciplinare del design, che attivamente interroga la realtà, svela le dinamiche di potere nelle politiche mondiali e propone alternative etiche e sostenibili. La sua prefazione e l’introduzione stabiliscono subito il tono: è un tentativo di “complicare” il design, di sradicarlo dall’ottica superficiale estetico-funzionale e dell’omologazione consumistica in serie, portandoci verso estensioni ben più profonde, alla luce della scienza, del progresso tecnologico considerando la conseguente contemporanea regressione umana e sociale.

«Il reale del mondo che ci circonda ha bisogno di possibile», scrive Petroni. Sulla scorta di altri teorici e pensatori, da Jean Baudrillard e Gilles Deleuze a Jacques Derrida e Donna Haraway, per citarne alcuni, gli autori scoverchiano un vaso (di eccellente fattura!) a commento del lavoro di Innella e in dialogo con lui.

I testi sono a firma di Louise Schouwenberg, Gijs Bakker, Craig Bremner, Elio Caccavale, Justin McGuirk, Silvio Lorusso, Barbara Visser, Martina Muzi, Zoë Ryan, Emanuele Quinz, Noora Abdulmajeed, Rim Albahrani, Vittorio Venezia, Domitilla Dardi, Bianco-Valente, Elena Dellapiana, Paul A.Rodgers, Katharina Mischer, Thomas Traxler, Tommaso Bovo.

Ciascuna parte del libro analizza aspetti diversi: a partire da Design Skins in copertina, un progetto di Innella del 2007-2017, si dimostra come il design, nel suo continuo rimando a immagini e rappresentazioni dei media, rischi di perdere il contatto con l’esistente in una dimensione falsificata dove l’oggetto non è più ciò che sembra, ma un’immagine, un’icona, una narrazione mediata. Si considera invece che “Il potere multistrato delle Design Skins” apre ad una prospettiva dalla quale il design supera la mercificazione e rivendica la sua necessità, la sua ragion d’essere al di là della pura forma, agendo come un antidoto alla «tragedia meno conosciuta», ovvero all’incapacità di porsi domande, come individui e cittadini, progettisti e consumatori.

Tra le questioni affrontate, si esaminano le implicazioni dell’Internet delle Cose (IoT), delle tecnologie “smart” sul paesaggio domestico e della raccolta massiva di dati sulla privacy e sulle nuove forme di lavoro, così come gli effetti sull’idea di famiglia e di genitorialità data dall’impiego delle Tecnologie di Riproduzione Assistita (ART), suggerendo quanto e come il design possa intervenire in questo campo, nel creare prodotti che tengano in considerazione le nuove dinamiche identitarie e dei corpi.

I designer nel 2025 hanno una funzione cruciale nel plasmare non solo il nostro ambiente fisico, ma anche il nostro sistema relazionale.

Dalla teoria alla pratica, la disciplina si lega intrinsecamente alle geografie, alle politiche e all’economia del nostro tempo e può incidere nella società come una forma di resistenza agli sconvolgimenti del presente ‒

affrontati d’altra parte da tutte le discipline creative e artistiche in questi anni: il cambiamento climatico, l’emergenza ambientale, le pandemie e disuguaglianze nel diritto alla salute, o lo sfruttamento delle risorse. Si approfondisce infatti su come il design rifletta e possa condizionare la cultura dei luoghi, in tema di globalizzazione e decolonizzazione.

Istanze emergenziali, plurali, che seppur avvisati lasciamo correre con conseguenze nella vita di tutti i giorni, mentre il design tecnologico di massa abita subdolamente le nostre case. Attraverso gli oggetti, ci indicano gli autori, si può invece pensare, attingere consapevolezza e far circolare narrazioni differenti. Progetti come Geomerce e Burkina Chair di Innella, appunto, non sono semplicemente oggetti, ma racconti di connessioni globali, di scambi culturali che pungolano sugli aspetti del consumo, economici, energetici.

Corredo e Rollingstones, presi ad esempio, si propongono come dispositivi critici, descritti come inciampi nel quotidiano, elementi che disturbano e non risolvono le nostre abitudini, costringendoci invece alla riflessione. Non sono concepiti per essere consumati passivamente, ma per essere interrogati. Innella risveglia storie di artigianato multiculturale, riti e memoria, opponendosi al design seriale e anonimo. L’obiettivo è la creazione di un significato, di un legame emotivo e intellettuale con strumenti che «trasformano la realtà e ogni gesto che li asseconda, anche il più semplice, contenendo una sorta di coreografia segreta».

Questo approccio si oppone all’idea di un designer mestierante chiuso in sé stesso, e lo apre a una condizione nomade e responsabile «con nuovi occhi al già esistente», nel proporre esperienze e interazioni che raddoppiano la funzione degli oggetti stessi.

Vengono discusse infatti le recenti metodologie curatoriali ed espositive nella costruzione di mostre di design che sono veri e propri spazi di ricerca, dinamici e conversazionali, a sottolineare l’importanza di passare innanzitutto da una formazione disciplinare aperta in questo senso. E si richiama l’attenzione sui processi che portano poi al prodotto finito, e che possono fare la differenza, valorizzando la ricerca, sperimentazione e innovazione così come la scelta d’utilizzo di materiali naturali o di scarto. Il “neoprimitivismo” e il riuso emergono come tendenze in risposta alla crisi della produzione industriale e come espressioni di una «non-estetica».

«Mettere in discussione il sistema nel quale si opera non è facile ma è assolutamente necessario, perché cresciamo e viviamo con quello che scegliamo di fare». Innella e Petroni ci invitano provocatoriamente a superare l’immagine patinata del design per scoprire la sua missione più profonda e radicale. Il libro è una chiamata all’azione per designer, teorici e appassionati, in forza di una incisiva componente critica e volontà di in-formare il mondo reale.

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