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Biennale di Poesia Arena Po: il peso sociale della sensibilità artistica
Progetti e iniziative
«Un interessante carteggio tra Albert Einstein e Sigmund Freud datato 1933 e intitolato “Perché la guerra? – il Comitato permanente delle lettere e delle arti della Società delle Nazioni chiese a Einstein di invitare un intellettuale a discutere con lui su un tema di interesse comune – prendeva in esame la questione dei conflitti e dell’aggresività umana, con Einstein che interpellava Freud sulle cause profonde della guerra e sulla possibilità di liberare l’umanità da essa. È stato questo scambio epistolare lo stimolo iniziale per l’ideazione di DisarmArti».

Sono parole di Massimo Silvotti, ideatore e curatore, insieme a Sabrina De Canio di DisarmArti, Biennale di Poesia fra le Arti, che si è tenuta sabato 13 settembre 2025, nella bella realtà del Cantiere Museo Grillo di Arena Po, in provincia di Pavia. Ininterrottamente, dalle 10 alle 22, si sono alternati più di 90 artisti italiani e stranieri di tutte le discipline, che hanno dedicato il proprio disarmo alla memoria di Papa Francesco e ai bambini di Gaza e dall’Ucraina.
Impossibile nominare tutti i partecipanti, da Omar Galliani a Fernanda Fedi, a Gaetano Grillo, Ana Spasic, Tiziana Marzaroli, Marco Nereo Rotelli, Giulio Calegari, Gino Gini, Alberto Fortis; all’israeliana Hagar Kadima, Gianni Azzali e gli stessi Massimo Silvotti e Sabrina De Canio, Roberto Chiapparoli; per nominarne alcuni.

Ogni autore, col proprio contributo, ha messo in luce sul palco del Cantiere la propria dinamica del “disarmo”. Molteplici i temi affrontati per denunciare le efferatezze della guerra e rimarcare la “funzione dell’arte” nel tessuto sociale. Un tessuto – com’è quello di oggi a livello globale – lacerato da insane tensioni, da politici inadeguati o esponenti di governi autoritari che – nel caso di Russia e del governo d’Israele – si rendono artefici di una tabula rasa del diritto internazionale. Un colpo di spugna su quell’ossatura etica e politica su cui si è costruita – dopo i disastri della Seconda guerra mondiale – l’equilibrio interstatale dell’Occidente.

Dunque, ad Arena Po, si parla di quei valori che sembrano svaporati e che gli Stati democratici cercano di salvaguardarne la tenuta; pilastri per un equilibrio stabile tra i popoli, purtroppo frequentemente demoliti in molte regioni del mondo.
Eppure, di fronte all’emergere degli homo homini lupus, alle derive dell’ego e alle follie giustificate da un’apparente e subdola razionalità di amministratori e governanti corrotti e sbandati, gli interrogativi emergono in tutti; e affiorano alle coscienze di coloro che della sensibilità – come afferma Gaetano Grillo – hanno fatto il terreno principe da coltivare. E quindi poeti, musicisti, ballerini, scrittori, artisti, fotografi, cantanti, performer, animatrici, soprani, convenuti sulle rive del Po, hanno levato il loro inno al disarmo, a quella vera pace – che al di là di ogni pleonastico slogan – è il vero obiettivo di ogni civiltà degna di questo nome.
La funzione dell’arte, dunque, nel contesto sociale: come processo autoeducativo dell’uomo, accrescitivo di quella sensibilità che sviluppa e armonizza lo spirito, farmaco a lento rilascio, vero antidoto contro i veleni delle coscienze non sviluppate.

Ma ci sono ancora tanti passi da compiere, come scrive il curatore negli appunti distribuiti al pubblico di Arena Po, «Circa una ipotetica funzione, per favorire un mondo finalmente pacificato: In primis… scrive Silvotti – vedrei l’esigenza di un definitivo superamento di quel narcisismo, che sovente aleggia nell’ambito artistico. Narcisismo che per la sua stessa natura squilibra il rapporto tra Eros e Thanatos. Un’autentica propensione artistica, al di là degli scopi alti che ad essa si vogliano attribuire, non dovrebbe avere, oggi soprattutto, alcuna attinenza circa l’esposizione di un contributo del singolo in relazione al mondo, semmai il contrario, è la socialità che dovrebbe trovare un’espressione, nell’accoglimento che il singolo si sforza artisticamente di metterle a disposizione. Per questo sarebbe a mio avviso fondamentale accrescere il senso di collegialità in tutti gli ambiti artistici. Rendere maggiormente operante, implementare, la fase di confronto e connessione, e soprattutto di ascolto nell’arte».
Dunque il sociale, anche dal punto di vista artistico, non appartiene a una stagione da relegare storicamente nel secolo scorso. Il sociale è una condizione permanente, su cui tutti dobbiamo interrogarci ed agire, poiché non siamo delle entità separate ma continuamente interconnessi con gli altri. E innanzitutto comprendere quali sono i principi di una civiltà arrivati al termine. Di fronte alla caduta dei valori – come bene hanno espresso gli artisti arrivati da tutte le parti ad Arena Po – si deve rispondere alle domande: «Dove va il mondo? Qual è il nostro compito specifico per l’attuazione di una nuova forma sociale?».















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