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5,7 km di grida nel silenzio: un’opera collettiva per ricordare i bambini palestinesi uccisi a Gaza
Progetti e iniziative
di redazione
Un nastro lungo 5 chilometri e 700 metri, cucito da centinaia di mani in tutta Italia, per restituire voce e dignità a oltre 20mila bambini palestinesi uccisi a Gaza dall’esercito israeliano. Si tratta di 5,7 km di grida nel silenzio, iniziativa tessile collettiva ideata da Cristina Pedrocco di W.Camicie ed Elena Gradara, un’opera di denuncia, per convertire il dolore in testimonianza e tradurre l’arte in un gesto di impegno civile.
5,7 km: come è nato il progetto
Artista tessile e attivista culturale veneziana, Cristina Pedrocco intreccia nella sua ricerca memoria storica e urgenza contemporanea. Dopo una lunga esperienza nell’abbigliamento, ha fondato il brand indipendente W.Camicie, camicie d’artista create con tessuti antichi e ricami ispirati all’iconografia medievale e proto-moderna. Nei suoi lavori, il tessuto diventa superficie di pensiero, per indagare i temi del femminismo, della resistenza sociale e della letteratura.
Elena Gradara, laureata in Scienze della Moda e del Costume a Roma, è specializzata in sostenibilità e tinture naturali. Fondatrice del brand Vagamente Retrò e co-fondatrice del Collettivo Tintura Madre, collabora con brand di moda etica e associazioni ambientaliste, insegnando inoltre all’Accademia di Ancona. La sua ricerca unisce pratiche tessili, educazione e responsabilità ambientale.

Dai primi giorni di settembre settembre, con la call Artisti tessili per Gaza lanciata su Instagram, centinaia di volontari, tra artisti, artigiani, associazioni, collettivi e semplici cittadini, hanno iniziato a scrivere, ricamare o dipingere i nomi delle giovani vittime su pannelli di stoffa bianca di 25×10 cm. Una volta uniti, questi frammenti comporranno un unico nastro che verrà srotolato in diverse piazze italiane prima di essere donato a un museo, una fondazione o a un futuro mausoleo, affinché diventi testimonianza permanente dell’orrore a cui stiamo assistendo.
Le testimonianze dei partecipanti
Il progetto si fonda sull’idea che ogni nome possa rappresentare una identità precisa, una storia individuale che acquista nuova forza attraverso le voci di altre persone. «Ogni nome è una vita che è stata spenta. Ogni nome che mi è stato affidato non si cancella più. Nel silenzio dei fili, i loro volti tornano a vivere: ogni punto ricamato è memoria, ogni nodo un grido che resiste al tempo», racconta Francesca Fusari da Firenze. Per altri, cucire è stato un modo di prendersi cura, come spiega Raffaella Zurlo da Pienza: «Continuo a cucire i nomi dei bambini di Gaza che sono stati uccisi. Non voglio che la stoffa si sporchi, me la tengo addosso, voglio coccolarli. I miei 50 bambini, appena nati e morti prima che compissero un anno. Sento che mi sto occupando di loro in qualche modo».

«Ammetto di non essere riuscita a rispondere a mio figlio quando mi ha chiesto cosa stavo ricamando. È un progetto importante e molto forte», confessa Veronica di A Capo da Padova. Eppure, in questo gesto molti hanno trovato forza e motivazione: «C’è ancora un motivo valido per alzarsi la mattina, e si chiama umanità», afferma Beatrice di Calico Bottega Sartoriale, Verona. Per molti, la lettura dei nomi è stata insostenibile: «Iniziamo a leggere i nomi e l’emozione ci travolge. A ognuno di loro è stato negato il futuro», scrive Rossella Concas di ManimieLab.

Il senso profondo del memoriale è racchiuso nelle parole di Camilla Bruzzi di Pollicenero: «Stamattina ho capito l’importanza di un nome. Un nome è identità: ci distingue, dice “eccomi, sono io”. Un nome è riconoscimento: quando qualcuno ti chiama, tu esisti. Un nome è memoria: quando resta, tiene viva la traccia di una vita. Un nome è storia: custodisce radici, origini, legami. E un nome è presenza: anche dopo la morte, pronunciarlo significa riportare qualcuno nel mondo».

L’atto condiviso del cucire diventa così un dispositivo di resistenza non violenta della memoria, un atto collettivo che contrappone la forza dei nomi e dei fili che uniscono alla logica della distruzione. Quando sarà srotolato nelle piazze, quel nastro bianco diventerà un corteo fragile e potente, che ci ricorda l’importanza di non restare indifferenti.















Come posso partecipare al progetto?? Siamo un gruppo di tre amiche e saremmo felici di contribuire pur in ritardo a questa iniziativa.
Lascio la mia email annamariamalaga75@gmail.com
Grazie per una cortese risposta, e complimenti per la bellissima iniziativa
Ho mandato una mail per avervi qui da noi ad un evento, contattatemi per favore 🙏
Per noi qui in Valtellina sarebbe importante riuscire a farlo durante le Olimpiadi per avere più visibilità anche internazionale