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Lo scorso ottobre, come vi avevamo raccontato, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia aveva ricevuto in permanenza 83 opere, lascito della collezionista Hannelore B. Schulhof, scomparsa pochi mesi prima, che con il marito Rudolph e la stessa Guggenheim aveva condiviso, dagli anni sessanta, la voglia di collezionare arte del proprio tempo. Mettendo in piedi un raccolta che conta pezzi, tra gli altri, di Afro, Burri, Calder, Capogrossi, de Kooning, Fontana, Dubuffet, Johns, Judd, Rothko, Oldenburg, Stella, Tàpies, Twombly, Warhol, Lewitt e Kapoor. Sistemate nel giardino una serie di 11 sculture, alcune parecchio ingombranti, sono rimasti da mettere in luce ancora diversi pezzi, anche per alcuni problemi di spazio del museo e del conseguente spostamento e riallestimento. E in attesa di vedere svelata tutta la collezione per intero, uno dei momenti clou dei giorni della prossima biennale veneziana, la Collezione Guggenheim organizza, in questi mesi, una serie di incontri finalizzati ad analizzare i periodi storico-artistici presenti nella Collezione Schulhof, ponendo l’accento sui linguaggi e i moventi che si sono succeduti nell’arco della seconda metà del XX secolo, dall’Espressionismo Astratto alla Pop Art, dal Minimal al Concettuale. Un modo per far conoscere e apprezzare ogni lato del valore della grande raccolta , prima della sorpresa finale. Si comincia dopodomani, con l’intervento di Philip Rylands, direttore Collezione Peggy Guggenheim; a marzo sulla Pop Art parlerà Alessandra Montalbetti, Storico dell’Arte della Soprintendenza di Brera, mentre ad aprile sarà Luca Massimo Barbero, curatore associato dell’istituzione veneziana a interpretare il tema “Materia e Segno”.




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