24 marzo 2013

La Milano che sale? Si vede grazie al FAI. Dal “Diamantone” all’Unicredit Tower, il Fondo Ambiente Italiano apre al contemporaneo

 

di

Torre Diamante, Milano

Ieri aperte le porte sulla Torre Diamante, ventisette piani realizzati dallo studio d’architettura Kohn Pederson Fox, con la supervisione del progettista italo-americano Lee Polisano; oggi invece si sale sull’Unicredit Tower, la torre più alta d’Italia, davanti alla stazione di Porta Garibaldi e progettata da Cesar Pelli. È uno dei programmi, tutto milanese, della XXI Giornata di Primavera del FAI, che inaspettatamente ha scelto di promuovere nel suo “itinerario”, anche la visita alla città contemporanea, quella che sale, e che stravolgerà nel vero senso della parola, una delle aree più centrali del capoluogo lombardo, quella compresa tra piazza della Repubblica e, appunto, la stazione di Garibaldi, con un conseguente incremento delle attività e una “promenade” pedonale di stampo europeo e, più prosaicamente, con una serie di altezze, in tutta l’area di Porta Nuova, che renderanno Milano forse più internazionale, per lo meno in apparenza e forse, se si destinerà qualche piano all’ingresso turisti, più vicina all’idea di una città “visitabile” anche dall’alto, come capita da New York a Parigi, da Dubai a Vancouver. 
Un’occasione unica, per milanesi e non, per osservare da vicino, come era stato per la salita al Bosco Verticale di Stefano Boeri, durante il Salone del Mobile 2012, il cambiamento antropico di una fascia di città che occuperà qualcosa come 290mila metri quadrati, con un parco pubblico che arriverà a coprire il tunnel di viale Don Sturzo, che oggi collega lo scalo ferroviario con la zona più ad est della città, e che vedrà in totale qualcosa come 85mila metri quadrati di verde. 
Uno degli interventi di riqualificazione urbana più vasti in Europa, e che all’area delle ex Varesine, ormai unita in toto nella striscia di Garibaldi e Isola, porterà qualcosa come 42mila metri quadri di edifici ad uso direzionale, 33mila di residenziale, con prezzi esorbitanti a partire da 7mila euro al metro quadro (nella Torre Solaria, 37 piani e 143 metri, la torre ad uso abitativo più alta d’Italia) e 7mila metri di spazi commerciali. Insomma, un primato che nasce proprio a Milano, in quell’avamposto che negli anni raccontati dai futuristi e nel secondo dopoguerra, rappresentava senza ombra di dubbio la fucina del talento e dell’innovazione del Paese. 
Ed è proprio per questo che anche il FAI, che nell’immaginario comune si occupa in qualche modo di una promozione del patrimonio “storico” ha scelto di aprire le porte della nuova Milano: perché trattasi di un momento storico per la rinascita anche urbanistica della città; un momento che  a sua volta è inserito in un tempo forse instabile, ma certamente favorevole alla mutazione. E chi ha detto che FAI non possa guardare anche all’innovazione, anziché alla pura “conservazione”?

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