16 aprile 2013

Rivoli e la sua “Disobedience”. Le presentazioni del progetto nomade di Marco Scotini stamattina a Milano, dove a parlare è anche Beatrice Merz

 

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Conferenza di presentazione di -Disobedience Archive- da sinistra Marco Scotini, Marc Ledermann, Beatrice Merz e Elisabetta Galasso

Sarà la prima mostra di Rivoli nell’epoca della sua transizione verso la nuova direzione, che dovrebbe essere annunciata non oltre il prossimo 30 giugno, come riporta il bando di concorso presente anche sul sito del museo. Disobedience Archive (The Republic), il progetto nomade di Marco Scotini la cui origine risale al 2005 e che è già stato presentato in diversi musei del mondo, dal Van Abbemuseum di Eindhoven al Raven Row di Londra fino al Bildmuseet di Umeå, sbarcherà a Torino a partire dal prossimo 23 aprile, nelle sale al terzo piano in una sintesi delle altre tappe, con la costruzione di una forma architettonica “a parlamento”, creata a Céline Condorelli con il contributo di Martino Gamper e i wall paintings del messicano Erick Beltran, che ospiterà qualcosa come 70 video  e due sale tematiche, con la prima che rappresenterà il decennio 1969-79 in Italia, mentre la seconda avrà un focus sul primo decennio del 2000. Gli anni ’70 avranno in scena, tra gli altri, Beuys e Matta-Clark, Baruchello e la sua Agricola Cornelia, un dialogo tra Carla Accardi e Carla Lonzi, con il suo primo manifesto di rivolta femminista, mentre nella seconda parte avranno spazio i Superflex, Critical Art Ensemble e Journal of Aesthetics & Protest. Una storia in divenire insomma, con le tensioni correlate, per immaginare il futuro e guardare al presente. Per la prima volta in Italia e per la prima volta in un’istituzione il cui presente è stato segnato dalle difficoltà, anche nella costituzione di questa mostra, ma di cui la direttrice Merz rimarca l’ottimo sviluppo. E in fin dei conti quello che ci si chiedeva un po’ stamattina, da Open Care ai Frigoriferi Milanesi, è come andrà avanti proprio il Castello: «Questo non posso saperlo – ci risponde Beatrice Merz – ma quello di cui sono certa è che, comunque vadano le cose, Rivoli continuerà la sua mission nel migliore dei modi possibili, anche a partire da questo bando che finalmente è a disposizione. E continuerà ad essere sostenuto sia da enti pubblici che privati, come è accaduto in questa occasione». Già, perché l’attenzione dei media al museo, inoltre, è tantissima. E un colpo basso all’istituzione “leader del contemporaneo in Italia”, come ha rimarcato Elisabetta Galasso, Consigliere delegato di Open Care – Servizi per l’arte, uno dei partner della mostra insieme a NABA, La Stampa, Sinergie Innovative e Kuhn & Bülow,  stamane in conferenza stampa insieme allo stesso Scotini e Merz e a Marc Ledermann, CEO Laureate Italian Art & Design Education, non è davvero possibile. E la Super-fondazione di cui tanto si è parlato in questi mesi che dovrebbe unire GAM e Rivoli?  «Se fosse, come mi auguro, tecnica, amministrativa e organizzativa non ci sarebbe alcun problema, ma chiaramente non deve assolutamente toccare aspetti scientifici e le specificità dei musei. Un unico direttore sarebbe un errore madornale per tutto il sistema dei musei torinesi, anche perché GAM e Castello sono due entità fortissime ma molto differenziate, che meritano ognuna la propria attenzione: la GAM con la sua collezione moderna, il Castello, che è in una residenza Sabauda, va diretto seguendo il contemporaneo e trattato in maniera diversa». Sulla domanda di rito, sulla propria ricandidatura a Rivoli, la Merz nicchia, e ci fa intendere non troppo velatamente che, nonostante le richieste -sincere o meno- del Presidente Minoli, non compilerà il nuovo bando per la direzione.
La disobbedienza al Castello di Rivoli? «Beh, ne abbiamo fatte tante, piccole, facendo di testa nostra all’inizio, ma creando un grande riscontro. Un pizzico di incoscienza ha dato una spinta in più al museo, anche perché non abbiamo sempre aspettato i tempi richiesti, ma spesso ci siamo buttati in operazioni che se fossero state estremamente programmate forse non sarebbero mai accadute». E non può che essere vero, anche snocciolando alcuni dati, con i quali si inaugura la conferenza. Negli ultimi 3 anni Rivoli ha messo in scena 20 mostre, acquistato per la collezione permanente 46 opere, stampato undici volumi, prodotto 84 video e creato due siti web. Già, il web, che ha rivoluzionato la comunicazione del museo piemontese e che ha fomentato tutta una serie di Disobedience, il cui archivio sarà disponibile nella città più disobbediente d’Italia, dove Guattari avrebbe voluto girare un film sulle radio libere nel 1977-78 (lo script sarà in mostra) e dove oggi si combatte in Val di Susa. 
Perché forse la disobbedienza è la prima delle belle arti. E non lo insegna di certo l’Anarchia o la politica, ma proprio la storia dell’arte, con le sue avanguardie, le sue rotture, il suo remare contro. Che hanno fatto la storia, anche del ‘900. 

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