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La Resurrezione di Cristo, conservata in deposito all’Accademia Carrara di Bergamo e datata tra il 1492 e il 1493, è un’opera originale di Andrea Mantegna. Nonostante la tavola sia autografa, la sua vicenda attributiva è stata lunga e tortuosa ma Giovanni Valagussa, storico dell’arte e conservatore della collezione Carrara, non ha dubbi nel supportare la sua tesi che, come spesso accade, trova conforto nella immediata realtà dei fatti. Infatti, la tavola, di pregevole fattura, è la diretta prosecuzione e la parte mancante di un altro capolavoro del Mantegna, la Discesa di Cristo al Limbo, già a Princeton, nella collezione di Barbara Piasecka Johnson e ora in collezione privata, battuto all’asta da Sotheby’s, nel 2003, per poco meno di 30 milioni di dollari. Il valore assicurativo dell’opera in deposito a Bergamo era di 30mila euro.
La Resurrezione fu acquistata nel 1842, per 24 zecchini, dal Conte Lochis e nei documenti dell’epoca si fa riferimento a un “dipinto del Montagna”, ovvero, di Bartolomeo Cincani detto il Montagna. Pochi anni dopo, Charles Eastlake, nominato nel 1850 presidente della Royal Academy e dal 1855 primo direttore della National Gallery di Londra, vi riconobbe la mando del Mantegna. A inizio Novecento, però, il parere contrario di Giovanni Morelli, che riteneva l’opera manomessa da restauri successivi. Nel 1912 l’attribuzione andò a Francesco Mantegna, secondogenito e allievo di Andrea, una ipotesi però ignorata da Bernard Berenson che, negli anni Trenta, introdusse l’idea che si dovesse trattare di un’opera classificabile tra le copie di lavori perduti. Negli anni ’80 ritorna l’attribuzione al figlio di Andrea, corroborata da un’indicazione di Federico Zeri.
Ma ad attirare l’attenzione di Malagussa è stata una piccola croce sul margine inferiore della tavola, la cui attenta osservazione ha permesso di decifrarla come parte mancante e corrispondente di un’altra opera di certa mano, la Discesa al limbo. Dopo una serie di confronti, la continuità tra la croce e l’asta che la sorregge, così come la perfetta coincidenza delle rocce dell’arco, ha permesso l’identificazione della metà inferiore. L’intera vicenda è descritta con precisione nel nuovo catalogo completo dei Dipinti Italiani del Trecento e del Quattrocento di Accademia Carrara di Bergamo.
«L’attribuzione ad Andrea Mantegna di un’opera della collezione dell’Accademia Carrara, custodita a Bergamo da metà dell’Ottocento e ritenuta per quasi 200 anni una copia, è una scoperta sorprendente ed entusiasmante. Ne siamo felici, orgogliosi di poter restituire al mondo una straordinaria opera d’arte», ha commentato Giorgio Gori, presidente Fondazione Accademia Carrara e sindaco di Bergamo.