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Expo Gate catalizza il fluttuante popolo di designers-victims a caccia di happening mangerecci del Fuorisalone con un anomalo giardino pop up di 600 piante di fronte al Castello Sforzesco. Why not in the Garden? È il titolo di un’installazione mobile che profuma di erbe aromatiche, fiori e frutti di stagione che oggi offrirà l’aperitivo (dalle 19 alle 21), e domenica un pic.nic (dalle 12.30 alle 15.30), per finire con un grande mercatone dei fiori il 24 aprile (a favore di Link for Aid).
Un altro curioso giardino si chiama Hanging Garden: l’installazione ambientale griffata Kris Ruhs, autore anche degli arredi della mondanissima Galleria di Carla Sozzani, 10 Corso Como. È invece imperdibile la mostra Unknown Pleasures, cinquanta modelli del design razionalista e neoliberty, oggi in larga parte fuori commercio o prototipi di arredi mai prodotti, se non con modifiche tali da renderli irriconoscibili, progettati dai maestri italiani fra gli anni Trenta e Ottanta del Novecento: la location è la Galleria Gruppo Credito Valtellinese, corso Magenta 59 (fino al 10 maggio). La mostra punta sulle radici artigianali del design italiano, attualissime, e puntano sulla funzionalità trentacinque mobili razionalisti di proprietà Federlengo Arredo Eventi Spa, Collezione Bruno Munari, e di Cantù e Associazione Amici dei Musei di Cantù.
Di Giuseppe Terragni c’è la poltroncina Scagno disegnata per la casa del Fascio di Como e gli elementi d’arredo per l’asilo di Sant’Elia, lo sgabello del bar “Moka” di Mario Asnago e Claudio Vender, la Gala in giunco di Franco Albini per la Rinascente e tanti altri pezzi da museo. Conquistano le trovate grafiche che ricoprono il pavimento ispirate appunto a Munari e alcuni pezzi ironici di un genio che si definiva artigiano più che artista, come l’improbabile
Sedia per le visite brevi con piano di seduta inclinato più del necessario per scoraggiare l’ospite indesiderato a sostare, la libreria funicolare appesa a parte come un quadro al chiodo, e altre sorprendenti trovate realizzate per il marchio Robots. All’esposizione di pezzi storici dal funzionalismo raffinato, sono affiancati 8 oggetti “anti –design”, d’uso quotidiano volutamente inservibili comprensivi del progetto Wipe Out Design, realizzati con le stesse tecniche di produzione industriale. Questi arredi “impossibili” disegnati da Leo Guerra e Cristina
Quadrio Curzio sono stati realizzati dagli allievi di Enaip Cantù, come project work didattico nell’ambio del corso post-diploma “Tecnico di produzione e industrializzazione nel sistema legno-arredo e design” con la supervisione di Alfio Terraneo. Il cuore del mobile italiano è la Brianza, la vetrina è Milano e la base Cantù, che vanta aziende artigiane che costituisco un patrimonio territoriale da salvaguardare contro la globalizzazione del gusto. (Jacqueline Ceresoli)
MOLTO INTERESSANTE !!!!