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La Corte del Distretto di Amsterdam ha stabilito che il contratto di lavoro tra De Appel Arts Center di Amsterdam e il suo direttore Lorenzo Benedetti deve essere sciolto. Si conclude così l’epopea iniziata lo scorso settembre, quando Benedetti fu licenziato dopo meno di un anno di permanenza alla giuda dell’istituzione olandese come direttore e curatore.
Le reazioni sono state immediate. La raccolta firme a sostegno del direttore in primis, ma ancora più forte è stato il sostegno dei suoi colleghi dell’intero team di tutor presso il Curatorial Program del De Appel, formato da un gruppo di illustri curatori e direttori di musei, tra cui Charles Esche, Elena Filipovic, Chus Martinez, e Beatrix Ruf. Il team ha chiesto le dimissioni del consiglio di amministrazione dell’istituzione olandese, e ha deciso di ritirarsi dal programma fino a quando il consiglio non fosse stato rinnovato. Anche loro hanno perso, come tutti i firmatari dell’appello a sostegno di Benedetti.
La corte ha spiegato che la sentenza si basa sul fatto che ci sono grandi differenze tra l’interpretazione che le due parti hanno del ruolo del direttore. Ed è proprio qui il nodo: secondo il consiglio Benedetti non guardava alla gestione amministrativa dell’ente, prioritaria, invece secondo il Consiglio, per un direttore.
Benedetti nella sua udienza ha dichiarato di aver notato un abisso tra il suo lavoro e le idee del Consiglio del museo.
Da mesi la vicenda ha riportato alla ribalta la questione della funzione del direttore di una istituzione artistica, di quali devono essere le sue priorità, se deve solo far quadrare i conti o pensare alla qualità della programmazione.
Certo è che prima di decidere al De Appel avranno avuto modo di buttare un occhio sul curriculum di Benedetti, curatore stimato, impegnato nella ricerca, attento al bene degli artisti, ma forse poco adatto a fare il manager. La sua nomina aveva dato speranza al mondo dell’arte, ma appare chiaro che ormai le richieste che si fanno ad un direttore di museo sono sempre più legate al marketing e non alle capacità di avere e di trasmettere una visione del mondo. Siamo sicuri che Lorenzo Benedetti avrà modo di lavorare a modo suo in un’istituzione che rispetterà la sua professionalità. (Roberta Pucci)












