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La prima “voce” a scrivere il nuovo progetto di Angelo Barone allo spazio della Fondazione Sensus di Firenze è stato il filosofo e sociologo Paul Virilio. Negli anni ’70 l’intellettuale percorse la Normandia, mappando tutte le tipologie di bunker che costituivano il Vallo Atlantico durante la seconda guerra mondiale, creando un libro intitolato Bunker Archeology, che ha resocontato l’abbandono di questi edifici reso imperituro dal calcestruzzo usato per costruirli, monoliti inclinati dalle maree che erodono la sabbia sulla quale sono poggiati secondo regole costruttive militari, che per aumentarne la resistenza li avevano realizzati privi di fondamenta.
Ora Barone ripropone l’estetica e la dimensione “tragica” di queste costruzioni nella sua installazione Bunker’s Island che da domani porterà negli spazi di viale Gramsci 33 a Firenze qualcosa come 2 tonnellate di sabbia da costruzione e 18 sculture, di cui una a Fiesole nella Vetrina di piazza Mino.
Un percorso che parte nel 1995, con la scultura – appunto – di un grande bunker rovesciato, idealmente una fotografia di un’architettura astratta, privata della vita dell’uomo, monumento sterile a sé stessa.
Ma c’è uno strano rovesciamento, nell’osservare questo particolare ambiente: le sculture adagiate sulla sabbia, più di una linea di difesa costiera, bunker appunto, tornano a noi come ville-vacanze nello stile essenziale del Razionalismo, di Frank Lloyd Wright: un esclusivo insediamento di miliardari, abbandonato da tempo. L’isola dei morti di Böcklin, e anche i romanzi Cocaine Nights o Super Cannes di J.G.Ballard legano a doppio filo un intervento dallo stampo antropologico e inquieto. Come d’altronde non si può essere sereni quando si è di fronte a 2 tonnellate di sabbia, e non di mare, in un interno dell’arte.












