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L’ha creato nel 1987, cinque anni dopo aver lasciato il Cile per New York, e dopo un periodo particolarmente cruento di interventi degli Stati Uniti nelle Americhe del Sud. «La gente dice “Welcome to America” o “Dio benedica l’America”, ma si riferisce agli Stati Uniti e non all’intero continente. Per noi il concetto di America è molto diverso, siamo “Americanos”. Mi sono reso conto che l’intero continente è stato cancellato dalla carta geografica con questo linguaggio», spiegava Alfredo Jaar, creatore di A logo for America, la discussa installazione che troneggiò a Times Square proprio alla fine degli anni ’80, e che creò “scandalo” proprio perché gli americani degli Stati Uniti si sentirono oltraggiati, e che è stata ripresentata ancora a New York, ancora a Times Square, in occasione dei Midnight Moment nell’estate 2014.
«Oggi che l’immigrazione è in cima all’agenda di Donald Trump e che uno dei piani del candidato presidenziale è quello di costruire un muro in Messico, lungo il confine degli Stati Uniti, A logo for America è estremamente attuale. Abbiamo tutti pensato che la Gran Bretagna non avrebbe lasciato l’Unione europea, e invece è successo. Trump è una minaccia molto reale», dice Jaar oggi.
Ed è per questo che forse, come non mai, l’arrivo di questa vecchia installazione video sugli schermi di Piccadilly Circus, a Londra, andata in onda questo week end, ogni sei minuti tra le 18:30 e 22, ci fa riflettere ancora su come il mondo sia rimasto vecchio. A quasi trent’anni fa. E forse sarebbe ora di cambiarlo, sposando le pedine più alte. L’ennesimo sogno, ancora.












