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Ali Güreli, Presidente della fiera Contemporary Istanbul, non ha dubbi: non servono finanziamenti dal governo, ma qualcosa che permetta di vendere e comprare arte più facilmente, con tassi minori. Sennò tutto rischia di essere un bel flop, e i numeri parlando da soli: se alla fiera sul Bosforo nel 2014 si vendettero opere per un totale di 102 milioni di dollari, nel 2015 la cifra è scesa a 67 milioni, e nel 2016 a 56. E negli ultimi due anni il venduto è appena sopra il 60 per cento.
Colpa, sicuramente, del clima tragico che si respira da queste parti, e che sta spingendo gli addetti ai lavori per avere una “concessione” che possa riportare turismo culturale, durante quella che sarà la nuova “art week” turca, per la prima volta sostenuta anche dalla municipalità, e che quest’anno vedrà insieme appunto fiera e biennale.
Kamiar Maleki, direttore della fiera, ha ribattuto invece l’idea sul fatto che Istanbul è una città che collega Oriente e Occidente: “Vogliamo dare la possibilità di rendere l’arte più accessibile. Non possiamo ignorare di essere di fronte a molte difficoltà, ma con la cultura stiamo cercando di guarire la città”, riporta un comunicato. In bocca al lupo!