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Tra formule rituali di un passato ancestrale e modalità di produzione contemporanee. La Sesta Biennale di Mosca per la Giovane Arte sarà curata da Lucrezia Calabrò Visconti, che lavorerà ad “Abracadabra”, parola magica che, questa volta, evocherà lo spirito del tempo attuale. Non poteva essere altrimenti, visto che la Biennale moscovita è esclusivamente rivolta agli under 35. Il progetto principale svilupperà un discorso incentrato sul tema della pressione esercitata dall’ideale della produttività, tanto nella vita privata che in quella lavorativa, ambiti dai confini sempre più sfumati l’uno nell’altro. Il titolo si riferisce anche all’omonima canzone pubblicata nel 1982 dal gruppo Steve Miller Band, «La metafora del pista da ballo farà da filo conduttore, sarà un frame attraverso cui studiare il rapporto tra piacere e impegno», afferma la curatrice nata a Desenzano del Garda nel 1990, selezionata per il programma curatoriale di De Appel per il 2016-2017 e già collaboratrice di Francesco Bonami. Che aggiunge: «Il tema si presta all’inclusione di artisti che lavorano principalmente con pratiche performative, immagini in movimento e suoni». Come si concilierà un termine dai rimandi così eterei alla pesantezza delle pressioni lavorative, sarà tutto da vedere, comunque il progetto sembra puntare a standard ambiziosi.
Di certo, questa Biennale si sta affermando come un appuntamento internazionale di primo piano, sul quale la Russia investe molte energie, anche economiche, con il coinvolgimento del Centro Nazionale per le Arti Contemporanee e del Museo di Arte Moderna di Mosca. L’ultima edizione fu particolarmente densa, con mostre diffuse tra tre sedi e 114 artisti provenienti da diversi Paesi del mondo, dall’Indonesia al Brasile e all’Austria, fino all’Italia, con Lupo Borgonuovo, Pamela Breda, Karin Ferrari e Christian Fogarolli.
In alto: Lucrezia Calabrò Visconti, still da Democrazia Borderline