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Maja Bajevic, Charlotte Moth, Vittorio Santoro e il duo libanese composto da Joana Hadjithomas e Khalil Joreige, ovvero i quattro finalisti del Prix Marcel Duchamp 2017, hanno svelato le loro opere al Centre Pompidou, in un mostra aperta fino all’8 gennaio.
Sulla scia della decodificazione del linguaggio, ogni artista s’interroga sulla trasparenza delle informazioni della società postmoderna. L’esposizione comincia con l’installazione di Maja Bajevic (Sarajevo, 1967) sulle utopie dimenticate, passando da Karl Marx al poeta russo Vladimir Maïakovski fino a Victor Hugo. Segue l’opera di Vittorio Santoro (Zurigo, 1962), che si presenta come un percorso iniziatico, in cui ci si scontra con oggetti come una lama di ghigliottina a forma di finestra, un puzzle sul suolo, una tavola in legno e aforismi su una bandiera mossa da un ventilatore, per continuare fuori, per le strade della capitale, lungo le quali l’artista ha sistemato altre bandiere in nove luoghi diversi. Troviamo poi l’installazione di Charlotte Moth (1978), composta da un filmato e da vecchie sculture pubbliche prese in prestito dalla municipalità di Parigi, che qui non rivestono più un ruolo civico, bensì poetico. Joana Hadjithomas e Khalil Joreige (1969) ci presentano un’opera ispirata ai carotaggi geologici per restituirci una storia dell’umanità nascosta, attraverso un viaggio che da Parigi ci porta a Beirut e poi ad Atene.
L’Adiaf, associazione per la diffusione internazionale dell’arte francese, ha creato nel 2000 il prix Duchamp, del valore di 35.000 euro, che viene attribuito a un artista francese o residente in Francia. Tra i vincitori delle scorse edizioni, troviamo Kader Attia (2016), Tatiana Trouvé (2007), Mircea Cantor (2011) e Thomas Hirschhorn (2000). Il vincitore dell’edizione 2017 sarà annunciato il 16 ottobre. (Livia De Leoni)
In home: Thomas Hirschhorn, Prix Marcel Duchamp, 2000
In alto: Kadet Attia, Prix Marcel Duchamp, 2016












