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Nel teatro di Carmelo Bene, la voce non esiste. Non ci sono parole e concetti da esprimere, storie da raccontare o dialoghi. La voce è una materia fluente che, partendo dalla soglia della glottide, attraversa canali d’aria, produce scricchiolii nei microfoni e vibrazioni di hertz, per delineare immagini provvisorie, apparizioni sonore. Questa impossibilità del dire, azione dolorosa ma inevitabile come un impulso, a quindici anni dalla morte del grande artista salentino, viene evocata da Phoné/Bene (Schedario), progetto espositivo a cura di Rosario Diana, Dario Giugliano e Paolo Prota, presentato il 27 settembre, nel teatro dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.
L’opera, realizzata dall’Accademia e dall’ISPF-Istituto per la Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico Moderno del CNR di Napoli, è il risultato di un approfondito percorso di studio iniziato nel 2014 e dedicato al lavoro e alla figura di Carmelo Bene. Suggestioni tratte dalle sue opere maggiori, dal Mandred al Pinocchio, dalle Variazioni per voce dai Canti Orfici di Dino Campana alla Voce dei Canti di Giacomi Leopardi, sono disseminate lungo un percorso immersivo e multimediale scandito da frammenti monolitici, tra suoni che ritornano e parole che scompaiono. Ma l’obiettivo è anche quello, più vasto, di analizzare la connessione tra saperi filosofici e le relative modalità di espressione, nei linguaggi del teatro, della musica, dell’immagine.
L’opera sarà visitabile fino al 4 ottobre.